Una vecchia ma dimenticata legge di scienza politica dice che “il populismo è la risposta sbagliata alle domande giuste”. Volete la conferma? Pensate a quello che succede con la giunta di Roma che due mesi fa fu formata dai grillini sull’onda di un successo elettorale straordinario, mentre oggi la domanda giusta di una sana e fattiva amministrazione viene elusa da una risposta fallimentare: una crisi interna che fra dimissioni e revoche sta devastando la giunta Raggi e lo stesso Movimento dei Cinquestelle.
Non era mai accaduto infatti che una giunta, rinsaldata da un gruppo consiliare fortissimo, si trovasse, a soli due mesi dal voto, sull’orlo della crisi. Basta scorrere le cronache degli ultimi mesi per trovare le prove di una verità sconcertante: il Movimento di Grillo punta al governo del Paese ma non riesce a governare tranquillamente, quando arriva al potere.
I casi? Sono tanti e solo per ricordare i più noti basterà elencare le crisi (o mezze crisi) di Parma, Livorno, Quarto e Bagheria: casi isolati e nati nelle circostanze più diverse, ma sempre con lo stesso spartito: le domande degli elettori per una buona amministrazione non hanno avuto la risposta adeguata.
È giusto allora chiedersi perché un partito portato dagli elettori a percentuali più alte del 30, fallisca poi al momento di governare. La risposta più corrente è anche la più banale: il Movimento è di fatto acefalo, ovvero senza testa, dopo la morte di Casaleggio. In parte è vero ma è vero anche che lo stesso Grillo sembra essersi quasi messo da parte, come dimostra anche l’episodio di Roma.
Altra obiezione: un Movimento giovane ha difficoltà ad entrare nei meccanismi del potere, soprattutto in sede locale dove i partiti hanno ancora radici profonde da recidere. Ultima considerazione che traspare qualche volta nei commenti degli stessi grillini: il Movimento rischia di imitare le formazioni politiche tradizionali, compreso il fenomeno del correntismo che ogni tanto qualche esponente del Movimento indica come il vero pericolo in agguato.
Nei prossimi giorni capiremo dalla piega che prenderà il “caso Roma” quale di queste analisi sia la più giusta. Resta, comunque, un fatto: dopo aver fondato tutta la sua “filosofia” sul ripudio dei vecchi vizi dei partiti tradizionali, il caso Campidoglio insegna agli stessi grillini che criticare è facile ma governare è molto, molto più difficile. Lo capiranno i vari pretendenti al soglio che già si vedevano insediati a Palazzo Chigi?