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Morto a 90 anni Dario Fo

Morto a 90 anni Dario Fo

Una delle ultime fatiche di Dario Fo, premio Nobel per la Letteratura 1997, morto questa mattina a Milano, è stato un libro intervista con Giuseppina Manin, uscito per i suoi 90 anni compiuti il 24 marzo 2016, intitolato 'Dario e Dio' in cui si legge questo dialogo: Esiste? "No che non esiste" Sicuro? "Non c'è, non esiste, non ci credo. Però..." Però cosa? "Che invenzione. Come diceva Voltaire, Dio è la più grande invenzione della storia. E quel che più conta, ha fatto tutto da solo, si è inventato da sé". Un libro che non è un caso, se la figura di Gesù ha sempre affascinato Fo tanto che è al centro del suo spettacolo e testo più importante, quell'irriverente, umanissimo 'Mistero buffo' nato nel 1969 e replicato per anni anche in giro per il mondo. Il lavoro si ispirava ai Vangeli apocrifi, ma poi portava in scena anche i re magi quanto Bonifacio VIII, storie e personaggi rivisitati con uno sguardo popolare e di umana partecipazione, ma finendo per esaltarne i lati paradossali. Il tutto recitato tanto con quel corpo elastico, parlante, disarticolato di Fo, quanto con la voce e la costruzione di un linguaggio inventato, tra l'arcaico e il padano, onomatopeico e allusivo. Una mimica, una capacità di improvvisare, che affonda le sue radici nella Commedia dell'Arte e nel teatro all'italiana, che finisce per essere alternativo al teatro ufficiale. E' con 'Mistero buffo' che Fo e la sua compagnia, in cui ha una parte di comprimaria assoluta la sua compagna Franca Rame, rompe così rapidamente i rapporti con i teatri tradizionali e cerca luoghi diversi, in cui andare incontro al pubblico. Le sue critiche a tutto campo, anche sul revisionismo del Pci, lo portano a avvicinarsi alle organizzazioni extraparlamentari e Fo e la Rame diventano un simbolo, tanto che nel 1973 un gruppo di fascisti sequestra e violenta la Rame. L'anno dopo si arriva quindi all'esperienza della Palazzina Liberty a Milano, occupata e poi legalmente affidata ai due attori dal Comune, in cui la coppia percorse l'impervia strada del teatro politico in anni di stragi, morti, feriti, sequestri. Certo è che questo giullare e mimo, questo attore e regista, autore e polemista, agitatore politico ha segnato assieme a Franca Rame la storia del nostro paese dagli anni '60 agli anni '90 del Novecento, sempre andando un po' controcorrente, cercando sin dall'inizio di mettere 'Il dito nell'occhio' del potere, come si intitolava il suo primo spettacolo del 1953, con Franco Parenti e Giustino Durano, cui seguì 'Sani da legare', subito colpito dalla censura con anche un primo scontro di Fo con la Rai, e l'abbandono della sua trasmissione radio. Il secondo avverrà con l'abbandono della conduzione di 'Canzonissima' nel 1962, con un ostracismo durato 15 anni. Nato nel 1926 a San Giano (Varese) da un ferroviere e una contadina, Fo studia pittura a Brera e architettura al Politecnico di Milano. Dopo la guerra è l'incontro con Franco Parenti che lo spinge alla stesura di alcuni sketch e a calcare le scene del varietà e della commedia musicale. Negli anni '60 acquista popolarità con una serie di commedie, da 'Gli arcangeli non giocano a flipper' del 1959 con cui nasce la compagnia Fo-Rame a 'Chi ruba un piede è fortunato in amore', 'Isabella tre caravelle e un cacciaballe', 'Settimo: ruba un po' meno' su imbrogli e speculazioni edilizie in un cimitero, 'La signora è da buttare' sull'americanismo imperante tra politica e moda. Quindi, dopo un periodo di preparazione studio, arriva 'Mistero buffo' seguito poco dopo da 'L'operaio conosce 300 parole, il padrone 1000, per questo lui è il padrone', che appunto nell'anno della contestazione giovanile e dell'autunno caldo nelle fabbriche, apre la stagione dell'impegno politico diretto. Verranno allora, tra l'altro, 'Morte accidentale di un anarchico' sul caso Pinelli, 'Pum pum! Chi è? La polizia!' (accusato di vilipendio alle forze armate), 'Ci ragiono e canto', 'Il Fanfani rapito', arrivando nel 1977 a 'Tutta casa letto e chiesa' di e con Franca Rame e al 'Fabulazzo osceno' del 1982. Pian piano, passando anche per uno spettacolo su Arlecchno alla Biennale di Venezia, i due tornano a rivisitare alcuni vecchi spettacoli degli inizi e poi a un 'Dario Fo recita Ruzzante' del 1995 al festival di Spoleto, naturale incontro col grande drammaturgo veneto del '500 che, per ricerca linguistica e temi popolari, rimanda al 'Mistero buffo'. Insignito, oltre che del Nobel, da molti vissuto come "un dito nell'occhio" della cultura paludata, con la C maiuscola, anche di due lauree honoris causa alla Sorbona di Parigi e alla Sapienza di Roma, per non parlare dei tanti premi, artista multiforme, da sempre anche pittore, Dario Fo scrive libri, a cominciare dal fortunato e esemplare 'Manuale minimo dell'attore', in cui rivisita la Commedia dell'Arte e racconta a suo modo e col suo lavoro una certa storia del recitare, come poi, nel 2006 farà per la Rai in una serie di trasmissioni in coppia con un personaggio molto diverso da lui, eppure con al fono uno stesso animo libertario, Giorgio Albertazzi. Negli anni, ha lavorato a vari volumi intervista con Giuseppina Manin, da 'Il paese dei misteri buffi' all'ultimo appunto su Dio, come a romanzi, dall'autobiografico e riuscito 'Il paese dei mezarat', a 'La figlia del papa' su Lucrezia Borgia. E' del 2001-2002 l'ultima vera, lunga e trionfale tournee per i teatri di mezza Italia, con la Rame (morta nel 2013), in cui lui recita 'Lu santo jullare Francesco' (nato per un Festival di Spoleto), e lei 'Grasso è bello' e 'Una giornata qualunque', poi verranno testi, spettacoli, lezioni-recital su Giotto e altri grandi pittori, perché, alla sua età, Fo, oltre a dipingere e far mostre, ancora saliva in palcoscenico, come faceva notizia con le sue dichiarazioni sulla realtà sociale o politica del paese, che lo ha visto dare il suo appoggio al Movimento 5 Stelle (il suo libro sul tema, 'Un clown vi seppellirà' è del 2013), sempre per quella sua vena anarchica, contro il potere.

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