Lunedì 23 Dicembre 2024

Se vince il sì Italia più forte

Se vince il sì Italia più forte

"Rispetto le valutazioni dei banchieri internazionali. Io la vedo così: il referendum è atteso da 35 anni perché tutti dicono che la carenza di riforme infrastrutturali è stato il primo elemento di deficit di competitività del Paese". Così risponde il premier Matteo Renzi a Radio 24, a chi gli chiede di commentare l'intervista al Corriere della Sera di Giovanni Zanni, di Credit Suisse, secondo il quale è un errore alzare i toni sul referendum.

"Siamo a un bivio in cui si può finalmente cambiare. Si vota su una semplificazione del sistema che darà più stabilità e più forza all'Italia in Europa e nel mondo. Si può sempre fare meglio ma siamo a un punto decisivo e delicato. Ma il punto è che se il referendum passa l'Italia ha una forza e una solidità anche rispetto ad altri Paesi europei impressionante. Se non passa niente di male, manteniamo un sistema in cui i veti e controveti dei giochi politici sono quel che sappiamo e non dirò accozzaglia, ma una variegata coalizione dovrà dire solo No ma raccontare cosa pensa", sottolinea.

Per il premier "il riflesso politico ci sarà sia se vinca il Sì, sia che vinca il No", ma "il problema se vince No è semplice: nella Costituzione italiana rimane tutto com'è, il Parlamento più costoso del mondo e un sistema totalmente arzigogolato e il trionfo della burocrazia. Vorrei che questo fosse il tema, se si parla - talvolta anche per colpa mia - solo di cosa succede il giorno dopo, non facciamo un servizio ai cittadini", sottolinea. "Non mi sento responsabile se stiamo provando a cambiare l'Italia - aggiunge il premier - Non stiamo drammatizzando noi. C'è un referendum che chiede 'volete ridurre il numero dei parlamentari Sì o No', ma tutto il film della panna sopra non l'abbiamo fatto noi". 

E sul futuro politico in caso di sconfitta, commenta: "Sembro il tipo che sta dentro il governicchio tecnicicchio che permette agli uni e agli altri di vivacchiare per mantenere le poltrone? Non c'è dubbio che da quando ci siamo noi accadono in Italia cose che prima non accadevano: mi pare un dato di fatto. Se dobbiamo tornare con quelli di prima che vivono solo nella logica dei veti reciproci non fa per me, ce ne sonno altri molto più bravi".

Il segretario del Pd non si sottrae a un commento sul caso De Luca: "Ha un metodo che come noto non è il mio. Su Bindi sono stato tra i più duri a dire che aveva profondamente sbagliato e lui ha chiesto scusa. De Luca, che ha un metodo che non è mio, da sindaco di Salerno è stato uno degli amministratori che ha fatto meglio, un esempio di buona amministrazione. Non condivido il suo metodo ma se tutto il Sud fosse stato amministrato come Salerno, avremmo un punto di Pil in più e io ho un problema di Pil perché il Nord è ripartito ma se non parte il Sud siamo rovinati".

"Stiamo portando molti soldi per la Campania - aggiunge - perché è una vergogna che alcune regioni non siano messe nelle condizioni di fare ciò che serve al Paese: se Pompei crolla fa una figuraccia tutto il Paese, non solo la Campania; su Bagnoli abbiamo messo soldi per la bonifica e commissariato dopo anni".

Renzi parla anche dei difficili rapporti con Bruxelles: "Noi diamo 20 miliardi all'anno all'Europa e ne prendiamo indietro 12, per un accordo del governo Monti. Giuridicamente per quest'anno non ho il potere di
bloccare questi 20 miliardi, il veto non lo abbiamo ancora messo, ma nella discussione sul prossimo bilancio diremo: ci va bene essere un Paese che mette più soldi, ma se in Ue non fanno le persone serie sull'immigrazione, se in economia si continua con l'austerity che non porta da nessuna parte, noi quei soldi ce li teniamo. Non è una minaccia, è un amorevole consiglio, un grazioso suggerimento agli amici europei. Mi sono rotto le scatole di quelli che dicono 'ce lo chiede l'Europa': l'Italia è un Paese forte, ha fatto le riforme, ci sono i primi segnali di ripartenza". E ribadisce che "o giochiamo in grande in Europa o se dobbiamo ricominciare con il 'ce lo chiede l'Europa' riprendetevi il governo tecnico, erano così bravi quelli lì...". (ANSA)

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