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Un dottorato nazionale di ricerca sulla mafia

Un dottorato nazionale di ricerca sulla mafia

La storia del fenomeno mafioso, i rapporti tra mafia e politica, gli intrecci con l’economia e con le pratiche di corruzione. Sono solo alcuni dei temi che saranno affrontati dagli studenti del primo dottorato nazionale di ricerca dedicato agli studi sulla criminalità organizzata, con un occhio anche alla dimensione internazionale del fenomeno, ai linguaggi e alla psicologia dell’agire mafioso, ai reati ambientali e ai possibili legami con il terrorismo e con l'immigrazione clandestina.
Il corso, voluto dalla Commissione parlamentare Antimafia dalla Crui, la Conferenza italiana dei Rettori, si terrà
all’Università Statale di Milano e punta a formare alti profili professionali, in grado di operare in settori sensibili come il
mondo della finanza, dell’informazione, delle istituzioni pubbliche e private e degli organismi di sorveglianza nazionali e internazionali.
«Per noi oggi è un giorno di festa» ha detto la presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi. Accompagnata da una delegazione di
parlamentari membri della Commissione, Bindi ha parlato della necessità di «laicizzare l’antimafia": «Nessuno di noi ha un
supplente, ciascun cittadino deve sentirsi un presidio di legalità. Per fare ciò occorre un sistema formativo che, dalla scuola alle Università, ci aiuti a conoscere il fenomeno mafioso come parte della storia del nostro Paese, fornendoci gli strumenti necessari per combatterlo» ha spiegato l’ex ministro e vicepresidente della Camera. A Milano la Commissione antimafia ha finanziato una intera borsa di studio per il primo triennio del corso, mentre un contributo di 50 mila euro è arrivato anche da Regione Lombardia, come ha annunciato l’assessore regionale al Territorio, Viviana Beccalossi. Adesso, ha aggiunto Bindi, "la volontà della Commissione è di finanziare iniziative simili, che abbiano un sigillo nazionale, anche in altri atenei italiani, in particolare nel Mezzogiorno».
I primi dottorandi in criminalità organizzata, selezionati attraverso un bando nazionale, sono cinque, tre studentesse e due studenti. I loro progetti di ricerca vanno dalle infiltrazioni mafiose nella gestione dei centri di accoglienza per migranti fino alla criminalità in Messico, passando dalle organizzazioni mafiose nelle valli Bergamasche. Referente del corso è Nando Dalla Chiesa, già ordinario di sociologia della criminalità nell’ateneo milanese. Per il rettore della Statale, Gianluca Vago, il dottorato sulla criminalità organizzata «va a colmare una lacuna nel mondo universitario, dando il giusto
 rilievo a un fenomeno come quello mafioso che condiziona pesantemente la storia e la vita della nostra società. Siamo partiti dalla Statale perché qui il gruppo Dalla Chiesa, in questi anni, ha lavorato molto bene».
L’idea, però, «è di coinvolgere tutto il mondo della ricerca italiana, compreso quello dell’associazionismo antimafioso» ha sottolineato Vago, già al lavoro per «allargare formalmente il corso anche ad altre sedi universitarie».

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