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Estratti altri corpi,
bilancio vittime sale a 9

Estratti altri corpi, bilancio vittime sale a 9

Un ultimo muro da abbattere, prima di alzare bandiera bianca e affidarsi solo ai miracoli: è dietro quel pezzo di cemento che si annidano buona parte delle speranze dei soccorritori, che da giorni si alternano su quel che resta dell'hotel Rigopiano cercando disperatamente qualcuno ancora in vita sotto il grumo di neve e macerie. Ma ogni ora, ogni minuto che passa, non fa altro che ricacciare sempre più giù quella speranza. Il recupero dei tre cuccioli di pastore abruzzese ha rianimato questi uomini che da tre giorni vedono l'albergo restituisce soltanto cadaveri: oggi ne sono stati recuperati quattro; uno é della vittima individuata ieri, due sono un uomo e una donna ancora da identificare e l'ultimo é quello di Linda Salzetta, l'estetista del Rigopiano e sorella di Fabio, il tuttofare dell'hotel. Ormai i morti sono nove. E i dispersi sono ancora 20. Il muro è quello che separa la cucina dal bar, un muro portante spesso 80 centimetri nel quale i vigili del fuoco stanno cercando di aprire un varco: dopo aver controllato tutta la zona dove prima della valanga c'era la hall, finito di ispezionare il centro benessere la 'zona ricreativa' dove - in due ambienti diversi - sono stati salvati prima Adriana Parete e suo figlio Gianfilippo e poi i tre piccoli Edoardo, Ludovica e Samuel, accertato che quella che erano le stanze prima delle cucine sono ridotte ad un cumulo di detriti, non restano che quei due locali: la cucina e, soprattutto, il bar. "Dobbiamo entrare lì dentro, è l'unica zona del corpo centrale dell'hotel, quella dove presumibilmente era la maggior parte delle persone, dove ancora non siamo arrivati. Speriamo che sia integro" dice chi scende dalla montagna. Certo, restano da ispezionare anche le camere, ma la maggior parte sono state travolte dalla violenza della valanga e dunque, se qualcuno era lì dentro, trovarlo ancora in vita è impresa a cui non credono neanche questi uomini che lavorano senza sosta da cinque giorni. Le immagini d'altronde sono implacabili: il tetto ha schiacciato i piani uno sull'altro e dove c'erano le stanze è rimasto soltanto un cumulo di macerie e pezzi di pilastri sventrati. Il bar, dunque. Se lì dentro è rimasta una sacca d'ossigeno, la possibilità che ci sia qualcuno in vita teoricamente c'è. E' un filo sottilissimo, ma è ancora integro. Lo ripetono gli esperti e lo dicono i soccorritori, che per questo stanno facendo di tutto per accelerare le operazioni di ricerca nonostante continui a nevicare e la nebbia impedisca agli elicotteri di volare. Nell'area dell'hotel lavorano decine di uomini del soccorso alpino e della Guardia di Finanza, che continuano a scandagliare i metri di neve che ancora sovrastano il Rigopiano, mentre 70 vigili del fuoco, dei 150 che a rotazione operano in zona rossa, sono impegnati 24 ore al giorno nelle ricerche all'interno della struttura. Nel corso della giornata si è inoltre riusciti a liberare l'ultimo pezzo di strada fino all'hotel e dunque già da stamattina si sta operando con i mezzi pesanti. "Dobbiamo rimuovere gli strati di neve sopra la struttura - ha spiegato il viceministro dell'Interno Filippo Bubbico - ma si continua a lavorare in condizioni complicate e pericolose". Intanto, con le ricerche dei vivi ancora in corso, iniziano le cerimonie in ricordo dei morti. Una maglia dell'Inter sulla bara del maitre dell'hotel, Alessandro Giancaterino e i ragazzi della Croce Rossa per Gabriele D'Angelo: decine di persone hanno fatto un passaggio alla camera ardente allestita a Farindola e Penne per i due dipendenti dell'albergo. E domani ci saranno i funerali. Chi è sopravvissuto, invece, torna a casa: dall'ospedale di Pescara sono stati dimessi sia la famiglia Parete - l'unica che, comunque vada, da quest'immensa tragedia è sopravvissuta davvero - e i due fidanzati di Giulianova Vincenzo Forti e Giorgia Galassi. Edoardo e Samuel, i due bimbi uniti dallo stesso infame destino, restano ancora lì. Ma non sono malati né hanno ferite, almeno sul corpo. La loro permanenza nel reparto di pediatria, dicono i medici, "è dovuta solo a una continuità di protezione psicologica".

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