Un legame con una detenuta omosessuale. A rivelarlo è Amanda Knox, raccontando sul sito americano Broadly.com come l’amicizia risalga al suo terzo anno in carcere. E si sia poi interrotta per un bacio non gradito.
Teatro della relazione tra compagne di cella la casa circondariale di Perugia Capanne, dove la studentessa di Seattle
condannata per l’omicidio di Meredith Kercher era reclusa. E’ lì che ha conosciuto Leny (ma il nome è di fantasia), una giovane
spacciatrice che - racconta Amanda - l’avvicinò rivelandole la sua omosessualità.
«Io mi sono mantenuta prudente e le ho subito detto che ero eterosessuale», afferma la Knox, ricordando come da giovanissima si sia sempre battuta per la difesa e l’affermazione dei diritti della comunità Lgbtq. Lei originaria dello stato di Washington, uno dei più liberali negli Usa.
Galeotto fu però un pomeriggio in cui le due facevano jogging nel cortile del penitenziario: «Posso farti cose che un uomo non
è capace a fare?», le chiede Leny. Amanda descrive il suo imbarazzo e racconta di aver spiegato alla sua compagna di cella
come non fosse possibile cambiare la sua natura. Ma Leny non desiste e giorni dopo torna all’attacco e la bacia all’improvviso. «Ho stretto i denti in un mezzo sorriso, tra l'imbarazzo e la rabbia», ricorda la ragazza di Seattle. «Ho detto a Leny che visto che non riusciva a rispettare il mio modo di essere non potevamo essere più amiche - continua - e il rapporto è diventato sempre più teso. Con Leny che mi ha accusato di aver reagito in maniera esagerata». «Mi sono sentita sollevata solo quando è uscita dal carcere, anche se ha continuato a scrivermi, inviandomi cd di musica jazz», conclude Amanda: «Io non ho mai risposto».
Intanto, è dei giorni scorsi la notizia che Raffaele Sollecito non deve essere risarcito per i quasi quattro anni di ingiusta detenzione subiti dopo essere stato coinvolto nell’indagine l’omicidio di Meredith Kercher, delitto per il quale è stato definitivamente assolto insieme ad Amanda Knox. A stabilirlo è stata la Corte d’appello di Firenze che ha respinto la richiesta di indennizzo ritenendo che il giovane abbia «concorso a causarla» rendendo «in particolare nelle fasi iniziali delle indagini, dichiarazioni contraddittorie o addirittura francamente menzognere». Un provvedimento che i difensori dell’ingegnere pugliese, gli avvocati Giulia Bongiorno e Luca Maori, hanno già annunciato che verrà impugnato in Cassazione.