Il futuro di Sicilia e Calabria, secondo uno studio sullo sviluppo dei traffici marittimi dopo il raddoppio del Canale di Suez, è senz’altro legato alla logistica connessa ai porti e alla grande viabilità. A Roma qualcuno deve avere male interpretato gli scenari delineati dagli esperti, immaginando di trasformare la più grande isola del Mediterraneo in un unico, grande hotspot: dopo quelli di Trapani, Pozzallo e Lampedusa, potrebbero esserne allestiti altri a Mineo e Messina.
Ma cosa mai saranno queste strutture, dal nome volutamente “incomprensibile”? A cosa servono? Genereranno ricadute virtuose sul territorio? Si tratta, senza usare inutili definizioni anglofone, di Centri di identificazione dove vengono trasferite le migliaia di persone che ogni giorno sbarcano nel nostro Paese, ritenuto il ventre molle d’Europa, dove può arrivare e restare chiunque lo voglia. L’Italia è l’unico luogo al mondo dove i confini sono virtuali. Utopia devastante. E la Sicilia e la Calabria sono le sole regioni, salvo rare eccezioni, dove quasi giornalmente approdano le navi cariche di migranti che devono essere identificati, fotosegnalati e “dirottati” dove possibile.
Le procedure, tenuto conto dei numeri, impattano non poco sulle comunità locali. Una volta fotosegnalati, i migranti possono uscire dalla struttura in attesa che venga definita la posizione giuridica: richiedenti asilo, richiedenti asilo che possono essere ricollocati, minori non accompagnati, destinatari di ordine di respingimento. Questi ultimi dovrebbero essere trasferiti nei Cie per il rimpatrio, ma spesso sono destinatari di un provvedimento d’espulsione che resta sulla carta.
Quanti nuovi ghetti dovremo tollerare, vere e proprie polveriere, come Rosarno in Calabria? Non è una difesa acritica di interessi di campanile: Sicilia e Calabria sono territori problematici e non è possibile tirare troppo la corda.
Pessimisti sulla capacità della nostra politica? Parla il rapporto del Consiglio d’Europa, una sonora bocciatura dell’accoglienza indiscriminata: oltre mezzo milione di migranti in tre anni, a fronte di qualche migliaio di rimpatri.