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«Le mie due figlie portate via da oltre tre anni»

«Le mie due figlie portate via da oltre tre anni»

È arrivato presto, con la foto di due bambine a cui rivolge sempre lo sguardo e una catena legata al piede. Quarantun’anni e il viso segnato dal dolore. L’ansia è nelle mani che si agitano, negli occhi che d’improvviso diventano lucidi, in un racconto che si perde nel tempo e che non trova ragione. Perché non può trovare ragione un padre che non vede le figlie da tre anni e mezzo. Ha contato i giorni, quelli che si sono persi nelle maglie della burocrazia, che viaggiano da un Paese all’altro. E chiede di poter essere padre, Emiliano Russo. Ha deciso di chiederlo davanti al Tribunale, per riavvolgere il filo della sua vita che si è spezzato 1265 giorni fa. «Da quando mia moglie ha portato le mie figlie in Slovacchia».

Chiede «giustizia» Emiliano Russo, 41 anni di Limbadi. Musicista, ma soprattutto «padre» di due bimbe che non tiene in mano dall’ottobre 2013. Non un abbraccio, non una carezza. Tutto si è interrotto lì, nel 2013 «quando a seguito di una discussione – spiega – mia moglie che è di origini slovacche e che voleva portare le bambine dalla nonna, chiamò i carabinieri denunciandomi per maltrattamenti». Così, iniziava il suo incubo. «Mi arrestarono, io non capivo niente perché non avevo fatto mai niente e, infatti, fui subito scarcerato perché le accuse non avevano avuto alcun riscontro. Ma, solo una volta tornato a casa, capii cosa era successo: la casa era stata svuotata». Erano andate vie, e così prendeva forma quell’incubo. «Andai alla Polizia per denunciare la scomparsa, e attivarono le procedure per sottrazione di minore». Scattato l’allarme e una volta localizzate «per nove mesi non riuscii più a sentirle, dopo qualche telefonata iniziale».

Come un fiume in piena, racconta il suo dramma. Di quei mesi interminabili trascorsi tra denunce, visite alle Ambasciate e procedimenti «ma mentre in Slovacchia tutto è andato avanti, qui pare che tutto si sia arenato. Contattata anche dal Tribunale per i minori aveva fatto sapere che sarebbe tornata perché fosse discussa la questione e anche perché – denuncia – lei qui deve rispondere di un reato, ma dopo 12 mesi nulla e oggi mi dicono che le bimbe si sono ambientate. Questa per me – aggiunge – è l’ultima speranza e io da qui non andrò via senza fatti concreti. Mi resta la salute e quella mi giocherò iniziando lo sciopero della fame. Io ringrazio la Procura che sta lavorando ma chiedo che si acceleri l’iter per il rimpatrio, il mio non è un caso isolato e non si può fare finta di nulla». Sono tanti i padri, infatti, iscritti come lui all’associazione “Figli sottratti” e chiedono tutti una maggiore incisività del “sistema” Italia che sembra latitare. Da qui, il suo appello alla giustizia e alla politica. A chi può fare qualcosa, «questa è una crudeltà, la Slovacchia mi ha condannato a vedere le mie bambine per 60 ore totali in un anno, una volta ogni tre mesi, cinque giorni e tre ore al giorno. E io non ho neanche una loro foto». L’incubo di un padre che teme che quelle bambine non lo riconoscano più. «Io rivoglio le mie bambine, orfane di un padre vivo».

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