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Per piacere, guardiamo al futuro!

Per piacere, guardiamo al futuro!

«Facciamo l’intervista a una condizione sola: che non si parli dei miei 80 anni. Li compio a giugno e ci voglio arrivare... Quindi nessuna domanda sul passato, mi sono stancato di parlare di quello che ho fatto, guardiamo al futuro. Ho tanti progetti». Eccolo il segreto dell’eterna giovinezza. Renzo Arbore lo srotola in una mattinata di primavera, come una coperta della sua stanza di albergo a Messina, dove giovedì sera al Teatro Vittorio Emanuele (sold-out!) con l’Orchestra italiana ha concluso la tournée siciliana che ha toccato anche Palermo e Catania. Ottant’anni di “one man show”: è l’uomo dei 100 artisti lanciati, il disc jockey-conduttore radiofonico-clarinettista-attore-sceneggiatore-regista-personaggio televisivo-cantante italiano (da leggersi tutto d’un fiato) più famoso nel mondo. Ed è uno a cui il mondo vuole bene.

Arbore a Messina è a casa di un amico carissimo: Nino Frassica.

«L’ho chiamato ieri perché speravo fosse da queste parti – racconta lo showman pugliese – ma ormai Nino vive altrove. In questo momento è il comico più ricercato e conteso in Italia perché la sua strampalata comicità non ha tempo. Lui non fa satira, la sua non è una comicità legata all’attualità, lui va bene sempre. Assorbe le cose che lo circondano come nessuno ed è capace poi di ricollocarle nel momento e nel posto giusto. Ha una presenza di spirito e una capacità di improvvisazione straordinarie. In molti pensano che il nostro rapporto risalga a “Quelli della notte”, ma in realtà lui lavorava con me già ad “Alto gradimento”. Faceva l’uomo delle feste patronali, era fantastico. Sapete come è nata la nostra amicizia? Un giorno mi chiama questo ragazzo a casa, io non ci sono e parte la segreteria telefonica. Lui a quel punto inizia uno sketch simpaticissimo facendo la segreteria telefonica di Frassica. Poco dopo richiamo a casa sua e mi presento come Renzo Arbore. A quel punto sua mamma mi chiude il telefono e mi dice “Questi scherzi li faccia ad altri”».

Arbore e Frassica: la mente va a “Indietro tutta”, trasmissione cult di 30 anni fa.

«È stata un’esperienza fantastica. Noi abbiamo fatto il jazz della parola, molti fanno solo pop o cabaret. Noi abbiamo fatto il jazz... ha capito bene. Ben 65 puntate di improvvisazione pura. È stato il varietà più longevo della televisione italiana, abbiamo già un progetto con la Rai per celebrare in autunno il trentennale ma me lo devono far fare alla mia maniera altrimenti non se ne fa nulla».

In “Indietro tutta” c’era anche un’altra messinese, una giovanissima Maria Grazia Cucinotta, era una delle “Guardiane”.

«Che meraviglia! Era una ragazza bellissima. Per quel ruolo avevo in mente proprio una bellezza come la sua, la ragazze della porta accanto. Non la pin-up alla Lory Del Santo, ma una bellissima bruna con tutte le caratteristiche del Sud. Sapete che Troisi la conobbe proprio a “Indietro tutta”, durante una puntata in cui era ospite?».

Io l’avverto. Stiamo parlando del passato... Ma sta facendo tutto lei.

«Ha ragione, torniamo al futuro».

Facciamo così: restiamo al presente. Lei si dichiara un “urban explorer”, uno “stroller” perché nelle città in cui canta le piace girare da solo per scoprirne i segreti. A Messina cosa ha visto?

«Ho visitato la parte marinara, da Ganzirri a Torre Faro. Che posti fantastici, ma avete anche un bellissimo centro storico. E poi quante bontà culinarie. Certo la Sicilia è pericolosa, io a 80 anni devo stare attento alla mia linea».

I filmati delle sue “scorribande” per le città italiane vengono inseriti sul suo canale tematico su Internet. Cos’è Renzo Arbore Channel?

«Ho sempre guardato al futuro. E il futuro è lì, nei canali tematici. Io in quel canale racconto me stesso ma anche ciò che a me piace. Carico filmati della televisione che fu, ciò che si trova con difficoltà. Con quel canale comunico le mie idee personali ma anche artistiche».

Ha seguito la recente polemica sui talent? In tanti sostengono che regalano troppa popolarità a ragazzi che poi sotto il profilo artistico non sono pronti e le vendite dei dischi lo dimostrano.

«Farei una differenza. Mi piacciono moltissimo “Italia’s got talent” e “Tu si que vales” perché ci puoi trovare davvero il fenomeno e quello che ha un talento immenso. Ma guardo anche i talent musicali. Devo ammettere che io, che ho vissuto la tv quando davvero in pochi avevano da dire qualcosa, preferisco la tv dei talent. Ma è altrettanto vero che siamo su un terreno molto sdrucciolevole, perché il rischio di bruciare tanta gente c’è».

La sua è stata una vita di successi ma anche di scherzi come scrive nella sua biografia.

«Tanti è vero. Avevamo inventato una trasmissione radio, “Svegliati e vinci!”. Chiamavamo registi e attori in piena notte simulando quiz. Ci cascarono tutti, tranne Paolo Villaggio che ci mandò a quel paese. Una notte telefonai a Pippo Baudo. Ero in compagnia di Benigni, Verdone e Troisi. Gli dissi: “Caro Pippo, ho trovato un imitatore formidabile. Senti come imita Verdone, Troisi e Benigni”. E gli passai gli originali. Impazzì: “Mandamelo subito!”».

Che valore ha la risata nella vita delle persone?

«Fondamentale, bisogna ridere e saper ridere. Pensate ai bimbi che raccontano i loro scherzi e muoiono dal ridere. Vivi meglio se sorridi, ogni giorno».

Ha sempre sostenuto di essere credente, ma ha anche detto di essere molto arrabbiato oggi.

«Sono andato a trovare tante volte Padre Pio. Spesso gli chiedevo se dovevo fare l’avvocato o l’artista, e lui si arrabbiava: “Ma facisse ‘cchi vole!”. Un giorno gli portai anche Pippo Baudo. E lui ci buttò fuori. Padre Pio chiese a Pippo se fosse venuto per fede o per curiosità. Pippo disse la verità: per curiosità. “E allora ve ne potete ire!” ci rispose. Io stimo molto le persone di chiesa perché danno un contributo straordinario al mondo. Ma sono un po’ arrabbiato col “superiore”. Seguo i bambini della “Lega del Filo d’oro”, non riesco ad ammettere tutta quella sofferenza. Ma perché e perché proprio a loro, ai più piccoli... Non so, non capisco».

Che cos’è l’amore?

«Il motore della vita. È ciò che ti spinge a far tutto. Dal lavoro alle donne. Fai tutto in funzione di ciò che ami. L’amore è Mariangela Melato».

Giusto un passo indietro. Ma a Roma, all’inizio della sua carriera, è vero che viveva in un palazzo nel quale eravate tutti artisti?

«Nel sottoscala c’erano i Primitives. Al secondo piano il proprietario din un locale concorrente del Piper, che ospitava un’attrice francese bellissima che ancora in pochi conoscevano: Edwige Fenech. Di fronte abitava una donna ancora più bella: Laura Antonelli. Un vero angelo. Fidanzata con Mario Marenco. Al piano superiore: Shel Shapiro, che girava in Rolls-Royce bianca, io avevo la 500 targata Foggia. Quarto piano: Franco Califano, bello e invidiatissimo. Io stavo all’ammezzato. Di fronte, Alberto Durante, il direttore della Ricordi. Spesso lo andava a trovare Lucio Battisti, che poi si fermava da me».

L’ultima curiosità. Ma nel 1986 aveva davvero vinto lei il Festival di Sanremo con “Il clarinetto”, lasciando il primo posto a Ramazzotti qualche secondo prima della premiazione, o è solo leggenda?

«No, io non lasciai nulla. Diciamo che probabilmente le case discografiche si resero conto che era meglio far vincere Eros. Ma andò benissimo comunque, il secondo posto era giusto».

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