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Quale sarà l’atteggiamento della Casa Bianca?

E adesso quale sarà l’atteggiamento della Casa Bianca?

Contrordine compagni. Barack Obama aveva ragione, su tutta la linea. E Donald Trump, il Palazzinaro che ha occupato lo Studio Ovale della Casa Bianca, ha dimostrato di avere torto marcio. Oggi, gli sviluppi politici in Iran sono finalmente promettenti e confortano chi, come l’ex Presidente degli Stati Uniti, aveva puntato sulla componente riformista degli ayatollah per ridisegnare le mappe geografiche dell’immensa area di crisi che dal Sahara arriva fino al Golfo Persico. La notizia è di quelle pesanti: Hassan Rohani ha rivinto un secondo mandato come Presidente della teocrazia persiana. Si tratta di una cartina di tornasole formidabile, che dimostra come la componente sciita del mondo islamico possa essere cooptata in veste di partner per ristabilire gli equilibri nel Medio Oriente. Rohani, con il 57% dei voti, ha sconfitto seccamente il suo rivale, l’estremista Raisi. L’ampio mandato gli consentirà di rafforzare il dialogo con l’Occidente, specie con quei Paesi, come l’Italia, che non hanno mai cessato di dialogare, politicamente e commercialmente, con Teheran. Certo, che faranno ora Trump e tutta la compagnia di processione dei suoi consiglieri, che gli avevano pressantemente suggerito di buttare a mare gli ayatollah e di cercare di incollare il vaso di coccio sunnita, fracassato dalla precedente Amministrazione a stelle e strisce? È una bella domanda, anche perché la botta netta e secca arriva qualche giorno prima che inizi la visita di Trump in Arabia Saudita. È un pessimo viatico per il nuovo presidente Usa, vedere che la politica di conciliazione con gli sciiti perseguita da Obama ha dato frutti fecondi. Un altro personaggio politico indirettamente sconfitto dall’esito delle votazioni presidenziali in Iran è il leader israeliano Netanyahu, che negli ultimi tempi aveva disperatamente cercato di condizionare la politica estera americana nel Medio Oriente, sventolando sotto il naso dei nuovi patrons repubblicani la presunta minaccia rappresentata da Hezbollah nel Golan. E che in Iran ci sia sete di democrazia e di Occidente è testimoniato dall’altissimo turnout elettorale, intorno al 70%. Con oltre 23 milioni di voti Rohani si accinge a cambiare radicalmente non solo l’immagine della Persia contemporanea, ma anche il suo ruolo in tutta l’area del Golfo Persico. Il suo rivale Raisi ha raccolto meno di 16 milioni di voti. Un segnale importante che testimonia come in Iran sia definitivamente tramontata l’era del fanatismo e ci siano ampi margini di dialogo con la società e con la cultura occidentale. Naturalmente, a parte la politica estera, uno dei settori che beneficerà immediatamente della vittoria dei riformisti sarà quello dell’economia. Il cosiddetto Partito del bazar, cioè dei commercianti, ha sostenuto a spada tratta Rohani e ora, statene certi, passerà all’incasso. L’Iran punta a incrementare pesantemente l’export verso l’Europa e i Paesi del bacino del Mediterraneo. È un buon partner commerciale, e i suoi legami economici con l’Italia affondano le loro radici nella notte dei tempi. Quindi, oggi gli assetti geo-strategici di tutto il Medio Oriente sono stati rimessi in discussione. Gli specialisti sono sorpresi. Cosa sta succedendo nelle segrete stanze delle Cancellerie? Perché gli equilibri (non sottoscritti, ma conta poco) che sembravano garantire una sia pur labile “way out” dalla crisi siriana, sono stati bellamente mandati a farsi strabenedire? Le interpretazioni sono diverse, ma tutte puntano in due direzioni, legate da un “fil rouge”: Gerusalemme e Teheran. La politica mediorientale di Obama, si sa, aveva fatto imbestialire gli israeliani, la cui potentissima lobby americana non era riuscita a “influenzare” (mettiamola così) le scelte della Casa Bianca. L’intesa sul nucleare siglata con gli ayatollah, poi, è stata la campana a morto per le ambizioni di Netanyahu e gli aveva tolto definitivamente il sonno. La vittoria di Trump aveva letteralmente rigirato la frittata. Ma adesso, come nel Gioco dell’oca, l’affermazione dei riformisti iraniani fa tornare la paperella al punto di partenza.

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