In occasione di questo G7, lo sguardo del mondo è rivolto aTaormina e alla Sicilia. Abbiamo un’occasione unica per mettere in risalto la straordinaria bellezza di questa regione e per mostrarne l’essenza profonda: la sua capacità di richiamare i valori dell’umanesimo, del dialogo e della solidarietà che è alla base della scelta di organizzare il G7 in Sicilia.
Per la sua posizione geografica, esattamente al centro del Mediterraneo, la Sicilia è sempre stata, nel corso della sua storia, un crocevia di civiltà e di popoli: greci, fenici, romani, bizantini, arabi, normanni, svevi, angioini e altri ancora. Questa successione di incontri e di scambi ha donato una ricchezza unica al patrimonio culturale di questa regione, e ha segnato la sua vocazione all’apertura, così forte ancora oggi: la lezione di accoglienza e di rispetto della dignità umana che la Sicilia ha saputo dare di fronte ai fenomeni migratori degli ultimi anni ha davvero pochi eguali al mondo.
I valori del dialogo, della solidarietà, del confronto tra culture diverse sono le coordinate di cui abbiamo bisogno per orientarci nelle sfide dello scenario globale, in un momento nel quale non mancano i fattori di incertezza.
Stiamo assistendo alla fine del “periodo d’oro” della globalizzazione. Un processo che è stato e che continua a essere un potente motore di crescita economica, che ha fatto uscire centinaia di milioni di persone dalla povertà, soprattutto in America Latina e in Asia, ma che ha anche prodotto squilibri ora emersi con chiarezza nei Paesi occidentali.
Le incognite e i mutamenti degli anni più recenti hanno fatto crescere, nelle nostre società, una sensazione di incertezza e di perdita di fiducia. La necessità di dare risposte a questo bisogno di rassicurazione ha orientato la Presidenza Italiana del G7, la cui missione è proprio quella di “Costruire le basi di una fiducia rinnovata”.
Ricostruire la fiducia vuol dire essere capaci di coniugare i benefici dell’economia aperta con uno sguardo attento alla sostenibilità e alla questione delle diseguaglianze. Significa immaginare uno sviluppo nel quale l’innovazione tecnologica possa essere integrata nelle nostre conquiste degli ultimi decenni sui temi del lavoro e del welfare. E significa essere in grado di garantire sicurezza attraverso una maggiore stabilità geopolitica che deve muovere dal riconoscimento della centralità del Mediterraneo. L’Italia, negli ultimi anni, ha lavorato per rimettere il Mare Nostrum al centro dell’agenda internazionale. Vale, oggi più che mai, ciò che ricordava il grande storico francese Fernand Braudel: «Il Mediterraneo non si è mai rinchiuso nella propria storia, ma ne ha rapidamente superato i confini».
Andando oltre i confini del Mediterraneo, è ora fondamentale avere uno sguardo attento e consapevole nei confronti dell’Africa. Un continente che per troppo tempo è stato considerato “perduto”, quando in realtà è il luogo dove si decideranno molte delle sfide cruciali del ventunesimo secolo: per questo la Presidenza Italiana ha scelto di dare, in questo G7, un risalto particolare alle sessioni di dialogo con i Capi di stato e di Governo africani.
L’era che viviamo interroga la nostra capacità di costruire ponti, di andare oltre le divisioni e le differenze. È un’era che deve spingerci a recuperare il meglio della storia del Mediterraneo, una lezione di tolleranza e di scambio tra mondi diversi. Una lezione che in Sicilia, nell’isola più grande e più popolosa del Mediterraneo, sospesa tra Occidente e Oriente, tra sponda settentrionale e sponda meridionale del Mare Nostrum, abbiamo la possibilità di far rivivere.