«Lo spirito di Taormina ci può aiutare nella direzione giusta». Il premier Paolo Gentiloni crede molto sinceramente al contributo di serenità e saggezza che può essere dato dalla «straordinaria storia e bellezza che ci circonda». Tutti erano consapevoli della difficoltà del confronto del G7 che si è aperto ufficialmente ieri con la foto di rito dei Grandi del mondo occidentale nel Teatro Antico. Ma ulteriori circostanze negative, che si sono addensate proprio negli ultimi giorni, hanno reso questo summit per certi versi ancor più aspro del previsto. Tuttavia non si è mai fermata la paziente opera di mediazione dell’Italia, cui spetta la presidenza del vertice per il 2017.
L’Italia media
Una mediazione non solo diplomatica, ma anche concreta, con la reiterata richiesta, ad esempio, di inserire tra le urgenze dell’agenda il tema delle migrazioni. Un’opera dimostrata dai G7 settoriali dei mesi scorsi, che continueranno fino alla fine dell’anno. E ribadita dallo stesso Gentiloni nel fondo di saluto pubblicato ieri in prima pagina su questo giornale e nel videomessaggio diffuso poco prima della cerimonia di benvenuto ai Grandi nel Teatro Antico. Il presidente del Consiglio, inoltre, ha ancora sottolineato l’importanza cruciale della Sicilia («è un ponte fondamentale tra l’Europa e l’Africa») e del Mediterraneo quando i leader mondiali si erano appena seduti nella sala riunioni dell’hotel San Domenico per la prima, vera, sessione dei lavori che si è protratta fino al pomeriggio inoltrato per poi trasformarsi in una serie di incontri bilaterali, fino alla miglior pausa di riflessione possibile, col concerto dell’Orchestra Filarmonica della Scala e la successiva cena offerta al Timeo dal Capo dello Stato Sergio Mattarella.
Trump sfida tutti
I Grandi (tranne il giapponese Shinzo Abe) in realtà avevano avuto modo di cominciare a saggiare le proprie posizioni nel vertice Nato, giovedì scorso a Bruxelles. Ma l’occasione non è sembrata delle più propizie, anzi apparentemente ha ingarbugliato il dialogo su temi essenziali, come le essenziali iniziative da prendere per arginare il mutamento climatico, la crisi economica globale, il crescente fenomeno delle migrazioni e perfino la piaga del terrorismo. Temi determinanti non solo per il futuro dell’Occidente ma dell’intera umanità. Però su ciascuno di questi argomenti, pur in modalità ben diverse, si è avuta l’impressione che si andasse acuendo il contrasto tra il presidente Usa Donald Trump e gli altri: una sorta di “Trump contro tutti”. Ed è fin troppo evidente che un efficace punto di sintesi è impossibile senza l’avallo della maggiore potenza occidentale, appunto gli Stati Uniti. È già stato ampiamente analizzato questo primo viaggio all’estero di Trump, che si concluderà oggi a Taormina: dalla calorosa, addirittura entusiastica, accoglienza da parte delle massime autorità di due Paesi storicamente ben distanti, come Arabia Saudita e Israele, il tycoon è stato ricevuto con formale, non empatica, cortesia in Vaticano e addirittura si è parlato di “gelo” nel faccia a faccia a Bruxelles con i rappresentanti delle istituzioni e dei Paesi europei.
“Gelo” con l’Europa
Un’impressione negativa che ieri fin dal primo mattino ha rischiato addirittura di peggiorare quando è stata attribuita a Trump una frase alquanto pesante che avrebbe pronunciato al summit della Nato: «I tedeschi sono cattivi». Un giudizio fin troppo drastico, certamente inaccettabile per Angela Markel, e che sarebbe andato ad aggiungersi allo spiacevole momento che Trump sta attraversando pure col consolidato alleato degli Usa, la Gran Bretagna, dopo la giustificata ira di Theresa May per il quanto meno discutibile comportamento dei servizi segreti statunitensi nella gestione delle notizie sulle indagini per l’atroce strage di Manchester. E, come ulteriore mina vagante, va ricordata pure la possibilità di un irrigidimento dei rapporti col neopresidente francese Emmanuel Macron (dopo gli ottimi contatti iniziali) se Trump avesse insistito – come aveva promesso in campagna elettorale – di rinnegare clamorosamente gli accordi sul clima di Parigi, faticosamente raggiunti dal suo predecessore Obama, ma già ormai ritenuti insufficienti, visto il palese peggioramento ambientale.
Bagno di folla
In effetti, ieri mattina, Trump era quasi sembrato davvero “contro tutti”. E’ arrivato per ultimo a raccogliere il benvenuto di Gentiloni per la foto di gruppo. Poi era sembrato distaccato, poco interessato, a percorrere a piedi assieme agli altri Grandi il Corso Umberto per raggiungere il San Domenico. Invece, pian piano, almeno sul piano del galateo ogni tassello è andato al posto giusto. Erano le disposizioni protocollari a prevedere che il presidente Usa arrivasse alla fine. Ed era stato il suo ferreo servizio di sicurezza personale a esitare qualche attimo prima di assicurare la camminata. Fatto sta che, in piazza IX Aprile, alla balconata col magnifico panorama su Giardini Naxos (peccato che non si vedesse l’Etna per una leggera ma determinante foschia) Trump ha infine raggiunto gli altri e, come gli altri, non ha mancato di rivolgere saluti ai cittadini che si sono affollati al passaggio del corteo. Il più espansivo e informale è stato il canadese Justin Trudeau, ma anche Macron non si è sottratto al bagno di simpatia, mentre era impegnato a parlare fittamente con la Merkel. Quanto all’eventuale “incidente” diplomatico di Trump con la Germania, aveva provveduto Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione europea, a chiarire l’equivoco: il termine “cattivo” (“bad” in inglese) era stato usato da Trump nell’ambito di una discussione economica e si riferiva all’ingente surplus commerciale della Germania. Una pura valutazione di bilancio, molto condivisa, non un giudizio morale.
Lotta al terrorismo
E a proposito di Juncker va ricordato che ai G7 in realtà partecipano nove leader, perché oltre ai sette Grandi ormai da tempo si aggiungono anche i rappresentanti dell’Unione europea, cioè Juncker appunto e Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo. Proprio loro due hanno di fatto, ieri mattina, pre-inaugurato il vertice con una conferenza stampa densa di contenuti. Tusk in particolare ha ribadito la linea di assoluta fermezza contro l’Isis e il terrorismo internazionale, di sicuro non per semplice adesione al desiderio della May (che è rientrata ieri sera a Londra dopo la cena) di reagire alla strage di Manchester. Una posizione che non vede dissidi tra i Grandi. Come altro punto qualificante, Tusk da uomo politico dell’Est europeo (è stato premier in Polonia) ha ricordato che non sono ancora maturi i tempi per un ritorno al G8: non viene cambiato l’atteggiamento nei confronti della Russia a causa della mancata soluzione della crisi in Ucraina.
Commercio
Dal canto suo Juncker si è soffermato sulle questioni economiche, auspicando che il libero scambio non venga compromesso da tentazioni di ritorno al protezionismo. Quanto alla sessione di lavori, infine, dalle indiscrezioni che sono trapelate sembra di poter affermare che si va delineando una posizione comune almeno sul fronte delle migrazioni. Circola una bozza, alla quale stanno lavorando gli assistenti diplomatici, i cosiddetti “sherpa”, che evidenzia l’urgenza di un approccio per la gestione dei flussi di migranti. Un ottimo auspicio anzitutto per la giornata odierna dei lavori del G7 che sarà dedicata alla sessione dei cosiddetti Paesi “Outreach”, cioè che necessitano di un adeguato sostegno per il loro pieno sviluppo. Si tratta di cinque Stati africani: Niger, Nigeria, Kenya, Etiopia e Tunisia. E soprattutto la condivisione dei 7 Grandi sul dramma delle migrazioni forse dimostra che sta davvero funzionando l’auspicato “spirito” di Taormina.