Taglietti sulle braccia, prove di fedeltà al 'gioco' sempre più stringenti, fino alla posta finale estrema: il suicidio. E' la trappola del Blue whale, o Balena blu, il percorso iniziatico su internet che coinvolge ormai centinaia di ragazzini in Italia (nuovi episodi sospetti emersi oggi a Ravenna e in Valle d'Aosta), per fortuna senza che nessuno di loro sia arrivato a togliersi la vita. ''Nelle Marche sono una decina i casi segnalati, tutti concentrati nella provincia di Ancona'' spiega il procuratore dei minori Giovanna Lebboroni.
''Le segnalazioni riguardano uno stadio di coinvolgimento iniziale o intermedio. Ma il gioco è molto pericoloso, e può attrarre, anche dietro minacce, i più fragili fra gli adolescenti''. Di qui la scelta di ''strutturare un coordinamento stretto fra uffici giudiziari del Distretto e forze di polizia, in primo luogo la Polizia postale'': si cerca di garantire un'attività di prevenzione e un intervento tempestivo laddove necessario.
Il primo approccio del Blue whale, spiega il pm, ''è quello di un gioco, ma la Balena diventa presto ben altro. Nella trappola finiscono i ragazzi più deboli, studenti delle medie e delle superiori, la cui fragilità, che è anche tipica dell'età, si associa alla forte esposizione alla comunicazione informatica''. La dimensione quantitativa del fenomeno è ancora imprecisa, sottolinea Lebboroni: ''potrebbe darsi che i dieci casi di cui abbiamo notizia siano emersi perché giornali e tv hanno cominciato a occuparsi di questo tema, e magari fra qualche mese il fenomeno si ridimensionerà. O potrebbe accadere il contrario''. Di positivo c'è che alcune delle segnalazioni sono arrivate dalle scuole e ''dagli stessi compagni dei ragazzi che erano entrati nel 'gioco'''. E non riuscivano più a uscirne perché ''minacciati dall'anonimo 'conduttore' del test''.
La segnalazione alla procura ordinaria ''è sempre automatica, perché l'istigazione al suicidio è un reato procedibile d'ufficio'', ricorda il magistrato. Anche se risalire a chi realmente manovra la 'Balena' è difficilissimo. Fra i dieci ragazzini marchigiani finiti nella rete alcuni sono amici fra loro o compagni di scuola, ''ma non si può tracciare un identikit delle vittime potenziali: possono essere minorenni con una strutturazione della personalità tendente al depresso, o al contrario ragazzi molto sicuri di sé. Figli di famiglie disgregate o di genitori attenti e collaborativi''. L'importante, conclude Lebboroni, ''è non sottovalutare alcun segnale di disagio''. Lo dimostrano i risultati preliminari di un'indagine della Società italiana di pediatria, presentati oggi a Napoli: l'80% dei ragazzi ha vissuto un disagio psichico e il 15% si e' sottoposto ad atti di autolesionismo.
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