Le mafie indirizzano gli investimenti pubblici, sparano molto meno, ma corrompono molto di più, diventano esse stesse “autorità pubblica”, sono in grado di governare processi e sorti dell’economia. E se Cosa Nostra siciliana registra una stagione di crisi – grazie ad arresti e alle confische inferti in questi anni dallo Stato – la ’ndrangheta è «presente in tutti i settori nevralgici della politica, dell’amministrazione pubblica e dell’economia», dal nord al sud d’Italia, e la sua presenza è forte anche in diversi Paesi europei, in America e in Australia. La relazione 2016 della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo (Dna) presentata ieri in Senato dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e dalla presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, illustra un panorama poco confortante.
Nonostante i colpi assestati dallo Stato, Cosa Nostra rimane «un’organizzazione solida, strutturata nel territorio, riconosciuta per autorevolezza da vasti strati della popolazione, dotata ancora di risorse economiche sconfinate» e alcune indagini «hanno rivelato un rapporto tra la ’Ndrangheta, esponenti di rilievo delle istituzioni e professionisti – legati anche ad organizzazioni massoniche ed ai servizi segreti – di piena intraneità, al punto da giocare un ruolo di assoluto primo piano nelle scelte strategiche dell’associazione, facendo parte di una “struttura riservata” di comando».
Riguardo alla camorra, sono in corso «ampi sommovimenti negli assetti criminali camorristici» e la situazione di «elevato pericolo per l’ordine pubblico è resa ancor più grave dai protagonisti di questi scenari, spesso nuove leve criminali: killer giovanissimi che si caratterizzano per la particolare ferocia che esprimono ed agiscono al di fuori di ogni regola».
Quanto al terrorismo, se c’è stato un arretramento territoriale del cosiddetto Stato islamico in più scenari, e il fenomeno dei foreign fighters ha visto «una contrazione del numero delle partenze», indicazioni provenienti dai vertici dell’organizzazione terroristica indicano l’intento di «colpire all’interno dei territori dei paesi occidentali», e quindi emerge un «maggiore allarme per il nostro Paese».
Questi i punti di maggiore interesse di una relazione di quasi mille pagine, che si sofferma sui diversi fenomeni criminali e fornisce un quadro dettagliato territorio per territorio. «Il rapporto tra mafia e massoneria non è una invenzione», ha messo in guardia nel suo intervento la presidente dell’Antimafia Bindi, secondo la quale «la politica ha perso il ruolo di guida dei processi finanziari ed economici», ma dovrebbe «ritrovare la voglia di guidare i processi, idee, classi dirigenti». «Rischia di sfuggire la penetrazione imprenditoriale ed istituzionale delle mafie: non dobbiamo cullarci sugli allori e non dobbiamo abbassare la guardia», ha avvertito il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Roberti, il quale ha sottolineato che se «il nuovo trend di infiltrazione mafiosa è il settore del traffico di rifiuti», grande attenzione va posta anche al tema migranti: le presenze delle mafie straniere si sono particolarmente aggravate nell’ultimo periodo. Dei 54 mila detenuti, 18.500 sono stranieri, pari al 33%. Insomma: «Se non c’è integrazione questi soggetti diventano facile preda della criminalità».
Infine al nord desta particolare preoccupazione l’attivismo della ’ndrangheta nel tentativo di inserirsi nella realizzazione delle grandi opere, tra cui, in passato, i lavori legati ad Expo 2015, ed oggi la Tav, nonché la capacità di fare dei più importanti scali portuali degli punti di sbarco dei stupefacenti.
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