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Ettore Messina: «Voglio un’Italia che non abbia rimpianti»

Ettore Messina: «Voglio un’Italia che non abbia rimpianti»

– Dopo tre stagioni, è arrivato il rinnovo biennale come assistente a San Antonio. Il suo futuro è sempre nella Nba. Che esperienza è stata?

«Sono stati tre anni molto positivi, nei quali abbiamo sempre superato o sfiorato le 60 vittorie in regular season. La squadra ha ben assorbito il ritiro di un suo protagonista assoluto come Tim Duncan e, nel campionato che si è appena concluso, ha anche raggiunto la finale di Conference. A livello personale ho avuto l'opportunità di sedere in panchina nell'All Star Game del 2016 e ho la fortuna di avere accanto un grande capo allenatore, Gregg Popovich, dal quale ogni giorno si impara tantissimo. Ora sta per aprirsi un nuovo capitolo e sono felice e orgoglioso. Agli Spurs mi sento voluto. Con loro sto benissimo, se non fosse così sarei già tornato in Europa. Ginobili? Non ho idea di quale potrà essere la sua decisione, aspettiamo fine luglio. E vediamo anche chi continuerà con noi».

– Arrivare dietro Golden State (e Cleveland) era forse il massimo risultato a cui si poteva ambire...

«Probabile che i Warriors siano i più forti, ma noi avremmo voluto giocare tutta la serie con Parker e Leonard. Saremmo stati più competitivi e con un maggiore equilibrio in campo, avrebbero dovuto faticare parecchio per vincere. Peccato, resta l’amarezza».

– D’Antoni per la seconda volta coach dell’anno nella Nba: la scuola italiana continua a brillare nel mondo. Grazie, oltre a lei, a Scariolo, Trinchieri e tanti altri...

«Mike ha iniziato ad allenare nel nostro campionato ma ha, comunque, una profonda impronta ed una mentalità americane e lo ha dimostrato alla guida di tutte le sue squadre. Di sicuro, però, la scuola italiana si conferma tra le migliori, se non la migliore, in Europa. Penso, non solo a Scariolo e Trinchieri, ma anche a Pianigiani e Mazzon che hanno fatto bene all'estero».

– Dopo la delusione del Preolimpico, quanto desiderio c’è in un vincente come Messina di lasciare l’azzurro con un grande risultato?

«Vogliamo fare il meglio possibile con un gruppo giovane che dovrà cercare di giocare sempre con cuore e ardore. Dobbiamo essere coesi e avere umiltà e attaccamento. Ognuno ha un compito da svolgere per il bene della squadra. Non avere rimpianti dovrà essere il nostro obiettivo. L'Italia sarà un po' meno sotto le luci dei riflettori e questo ci farà solo bene. Lo scorso anno la Nazionale aveva la possibilità di tornare alle Olimpiadi dopo 12 anni ed a Torino siamo stati travolti da un affetto che, purtroppo, non siamo riusciti a restituire. Ci proveremo tra qualche mese agli Europei: il sogno da realizzare è conquistare una medaglia».

– Nel gruppo dei 19 anche alcune novità. E spicca, ovviamente, l’assenza dei big Bargnani e Gentile, reduci da una stagione-no. Pesante ma obbligata la loro rinuncia.

«Sono convinto di aver scelto il meglio e credo che non fosse il caso di convocare Bargnani e Gentile: rimettersi al passo, per loro, sarebbe stato un po' difficile. Ma sono convinto che torneranno presto a dimostrare quanto valgono».

– Consigli a Gentile?

«Darne è difficile e, in ogni caso, ci sono tante persone accanto a lui che lo sapranno guidare. Un’estate di lavoro, in serenità e senza pressioni, sarà l'ideale. E poi una scelta saggia da prendere sul prossimo club».

– Giocare all’estero per gli italiani sta diventando un passaggio fondamentale per crescere: pensiamo all’esplosione di Melli o alla completa maturazione di Datome.

«Si tratta di scelte coraggiose, in realtà sportive completamente differenti rispetto a ciò a cui erano abituati, dove nulla ti viene regalato. Se si resiste, si migliora e il salto di qualità è evidente. Melli è diventato un giocatore di interesse Nba ed ha offerte dai migliori club di Eurolega. Ma c’è anche l’esempio di Pascolo che ha scelto Milano, dove si poteva ritenere che non avrebbe trovato spazio adeguato e che, invece, si è rivelato una delle note liete della stagione».

– Erano gli anni ‘70 quando lei cominciava ad allenare nel settore giovanile della Reyer, da pochi giorni diventata campione d’Italia: è il momento dell’amarcord...

«Venezia risveglia tanti bei ricordi sull’inizio della mia carriera che mi legano al “Taliercio” ed a Mestre dove ho vissuto per oltre 15 anni. E la vittoria di uno scudetto dopo 70 anni è storia».

– Le difficoltà restano, ma forse il movimento italiano ha offerto qualcosa di nuovo e importante.

«Sicuramente. Ed è un risveglio frutto dell’organizzazione. Intanto abbiamo assistito ad una bella finale, combattuta, appassionante. Venezia, che ha vinto, e la sorpresa Trento sono arrivate a giocarsi il titolo grazie alla programmazione avviata nelle ultime stagioni. Hanno lavorato in profondità e con continuità, hanno riempito i palasport, mettendo in vetrina tanti buoni giocatori. Anche in A2 le due squadre di Bologna e Trieste, ma non solo loro, hanno presentato un ottimo spettacolo, valorizzando i talenti, con impianti sempre pieni. Poi, però, in A ci sono pure partite con 8 stranieri in campo ed è un fatto abbastanza deprimente. Ma tornando agli aspetti positivi c’è un settore giovanile che cresce bene, come dimostrano il bronzo agli Europei Under 18 e le speranze che riponiamo sull’Under 20 affidata a Buscaglia».

– Tra qualche mese la Federbasket dovrà scegliere il suo sostituto...

«È una decisione che non invidio a Petrucci. Certo sarebbe bello che, come avvenuto per me nel 1992, quando avevo 33 anni, possa avere una chance un giovane coach italiano».

– Ultima domanda sulla squadra del suo cuore: il Milan. L’era Berlusconi che si è chiusa, i cinesi, il caso Donnarumma: non manca niente.

«Dopo anni ricchi di successi, un imprenditore, sebbene facoltoso, da solo non poteva più farsi carico di una gestione così onerosa. Prendiamo ad esempio la Spagna: Real Madrid e Barcellona sono al vertice da anni seguendo il modello dell’azionariato popolare. Il Milan, come del resto l’Inter, è quindi entrato nell’orbita di un mondo lontano da noi, che si spera possa individuare le persone giuste e competenti capaci di rilanciarlo. Ed è importante il senso di appartenenza, con Donnarumma che in questa fase dovrebbe dare il suo contributo».

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DOPO L’AMAREZZA DEL PREOLIMPICO

Il Migliore all’ultimo giro azzurro
per lasciare un ricordo indelebile

Prima o poi l’Ettore da Catania, passato per Mestre e quindi Bologna e ormai diventato cittadino del mondo, realizzerà il suo sogno di diventare capo allenatore nella Nba. Sarà a San Antonio, come erede designato del grande Popovich o in un’altra squadra poca differenza fa: è solo questione di tempo e il cerchio di gloria si chiuderà.

Prima, però, il Miglior coach europeo (assieme a Zelimir Obradovic) degli ultimi 20 anni ha una missione da compiere con tutta l’energia e l’intelligenza cestistica che possiede: riportare l’Italia sul podio continentale, per cancellare l’amarezza del 2016, quando il ritorno alle Olimpiadi, a 12 anni dall’argento di Atene, sembrava solo una formalità.

Sembrava, infatti. Invece nello sport non c’è nulla di scontato e Messina, dopo le epopee alla Virtus e al Cska, prima di salutare l’Italia e riprendere il cammino americano, vuole lasciare un ricordo emozionante e indelebile negli appassionati che hanno accolto il suo ritorno in Nazionale all’unisono e senza note stonate. La squadra c’è. Anche senza Bargnani e Gentile. E con un colpo di genio (e un pizzico di fortuna), settembre si potrà colorare d’azzurro.(p.c.)

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