– Cinque titoli in due stagioni, tra cui la storica Eurolega e due scudetti, conquistati a Istanbul con un club che appartiene al movimento cestistico oggi più importante (con la Spagna) a livello continentale. Il bilancio del suo primo biennio in Turchia può definirsi davvero trionfale.
«Sì, assolutamente trionfale dal mio punto di vista. Ero andato al Fenerbahce cercando responsabilità, le ho avute e la squadra ha raggiunto un livello di primissima fascia, vincendo l’Eurolega. Sicuramente un bilancio più che positivo».
– Datome stella tra le stelle, in un Fener che, dopo una progressiva crescita, è diventato finalmente una potenza.
«Era l'obiettivo del club con la firma di Obradovic e in pochi anni siamo riusciti ad essere stabilmente tra le migliori d'Europa. Tanto lavoro dietro e tante soddisfazioni. A volte si giudicano solo le apparenze, ma in questo caso è stato durissimo per il club arrivare al top. Impegno e investimenti: sono felice di far parte di questo percorso».
– Certo, vivere a Istanbul in questo periodo non è proprio facile. Lei ha paura?
«No, sono onesto. Me lo chiedono in tanti ma a Istanbul sto benissimo e non mi manca nulla. Vivo la città e non smette di sorprendermi: è bellissima».
– Anche se le ricca Europa fa sempre la spesa da noi (il suo compagno Nunnally, ex Avellino, è l’ultimo di una lunga lista), il valore del campionato italiano si conferma, ahinoi, non eccelso. Il motivo principale?
«Perché sono diminuiti i budget e di conseguenza i giocatori di livello assoluto. Il nostro campionato spesso è diventato una vetrina per gli americani che poi cercano contratti pesanti altrove. Ed è chiaro che il livello generale scende. Prima non era così. Spero che presto si possa tornare ad ammirare la pallacanestro di almeno 10 anni fa»
– Venezia campione d’Italia, Trento strepitosa sorpresa, la (presunta) corazzata Milano ancora deludente, la piccola Capo d’Orlando nelle prime 8: il 2017 è stato l’anno della rivoluzione.
«Questo è, comunque, il bello della Serie A. Mai scontata e playoff combattuti. Mi diverte ogni anno leggere pronostici o giudizi, perché spesso e volentieri non sono esatti».
– All’apice della sua carriera, lei può anche vantare di essere allenato da Obradovic e Messina, cioè i migliori coach d’Europa che nel terzo millennio hanno segnato un’epoca e che la considerano un (il) leader delle loro squadre.
«Ho letto parole di coach Messina molto belle, mi hanno fatto piacere. Ed anche Obradovic dopo l’Eurolega mi ha detto cose bellissime. Che dire: un'altra grandissima soddisfazione che si aggiunge alle tante della mia carriera. Spero di continuare a ripagare la loro fiducia».
– Ciliegina sulla torta sarebbe un grande Europeo con la Nazionale. Quella maglia azzurra a cui lei, da capitano, è legatissimo ma che sin qui le ha riservato più amarezze che gioie.
«Concordo e faremo di tutto per vivere delle gioie in azzurro in primis noi e di conseguenza tutta l'Italia. Il rammarico della mancata qualificazione olimpica a Rio è ancora forte. Spero che per tutti noi sia da sprone».
– Che Italia si immagina tra due mesi? E si aspettava le mancate convocazioni di Bargnani e Gentile?
«È presto per dirlo, perché dobbiamo ancora cominciare. Queste assenze, invece, le posso capire e mi auguro che sia Andrea che Ale possano, prima di tutto, essere soddisfatti della loro prossima esperienza cestistica e dopodiché rientrare nuovamente in gruppo, per aiutarci ad essere i più forti possibile».
– Al Fenerbahce potrebbe raggiungerla Niccolò Melli, un altro azzurro che dopo essere sbarcato all’estero – al Bamberg di Trinchieri – ha fatto il salto di qualità, diventando uno dei migliori “quattro” d’Europa. Se pensiamo inoltre a come stava giocando Hackett all’Olympiacos prima di farsi male, non può essere solo un caso...
«Se ne leggono tante, ma io non ho certezze in questo senso: prima di parlare di Nicolò al Fener aspetterei la sua firma. Posso dire però che ha fatto una scelta molto coraggiosa e lungimirante ad andare al Bamberg e anche Hackett era riuscito ad inserirsi in una squadra di livello assoluto: è stato molto sfortunato ad infortunarsi ma tornerà ai suoi livelli, ne sono convinto».
– La forza di Gigi Datome è il suo saper essere anti-personaggio, uno che non se la tira, molto social e sempre a contatto con la gente, che ama la cultura e con il carattere del classico ragazzo della porta accanto. Le piacciono queste definizioni?
«Non mi piace rientrare in definizioni, mi reputo una persona normale. Ma visti i tempi che corrono e ciò che abbiamo attorno probabilmente appaio come un supereroe».
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La scheda
È stato due stagioni
in Nba e ha appena
vinto l’Eurolega
Gigi Datome, 30 anni da compiere a novembre, è un’ala di 202 cm. Sardo di Olbia è cresciuto nella Mens Sana Siena. Poi Scafati e quindi la lunga esperienza alla Virtus Roma, con una finale scudetto e il titolo di Mvp, prima di volare per due stagioni nella Nba (Detroit e Boston). Da due anni è al Fenerbahce, con un’Eurolega appena vinta e la finale raggiunta nel 2016. È il capitano della Nazionale.