E’ confermato dai servizi di sicurezza occidentali: per la prima volta truppe russe sono entrate nel sud della Siria mercoledì scorso, prendendo posizione nei sobborghi della città di Daraa, finora al centro di furiosi combattimenti. L’operazione è stata resa possibile dalla tregua siglata dopo l’incontro di Donald Trump e Vladimir Putin ad Amburgo. Secondo diversi analisti, le unità di Mosca, comprendenti polizia militare e paracadutisti dei reggimenti ceceni, sono state viste arrivare, a bordo di blindati trasporto-truppe e prendere posizione a Daraa. Sempre le notizie diffuse da osservatori occidentali, parlano di un vero e proprio cambio della guardia avvenuto nel centro della città, da dove si sarebbero ritirate le formazioni blindate della Quinta divisione corazzata governativa di Damasco e le milizie di Hezbollah. In effetti, l’arrivo dei soldati di Mosca risponde all’esigenza di garantire una sorta di supervisione “peace-enforcing” senza coinvolgere gli estremisti sciiti libanesi i gruppi armati sostenuti da Teheran. Sembra sia questo uno dei punti nodali che il Presidente degli Stati Uniti e il capo del Cremlino hanno sciolto ad Amburgo. Tutto questo per rispondere alle esigenze di sicurezza reclamate dagli israeliani, che non si fidano di avere Hezbollah vicino ai confini del Golan. Nello stesso tempo, una manovra del genere, ha garantito anche i giordani, i quali a loro volta guardavano di malocchio qualsiasi presenza sia dei governativi di Assad e sia delle milizie sciite lungo la loro frontiera. I combattenti russi erano provvisti solo di armi leggere per”autodifesa”, così come concordato qualche tempo fa dall’inviato speciale di Putin per gli affari siriani Aleksander Levrentiev. L’unico problema, fatta la legge trovato l’inganno, è che accanto alla polizia militare russa (come era stato concordato con Trump) sono comparsi anche i paracadutisti, presenza ritenuta scomoda e sospetta da parte del governo di Gerusalemme. È infatti noto che gli israeliani non gradiscono avere ai loro confini, in qualsiasi veste esse si presentino, truppe di Mosca. La preferenza di Netanyahu, infatti, sarebbe quella di lasciare agli americani i compiti di supervisione ai loro confini nord, fino all’area di Quneitra. In caso contrario, Gerusalemme potrebbe continuare (e forse lo farà) a sostenere i ribelli “laici” anti-Assad. Tra le altre cose, questo spiega perché gli israeliani, negli ultimi tempi, abbiano modificato la loro scala delle priorità, monitorando strettamente tutto ciò che si muove tra il Golan e le pietraie del deserto siriano. Non a caso è suonato l’allarme rosso quando l’esercito siriano, sostenuto da ingenti forze delle milizie di Hezbollah, ha attaccato su larga scala i ribelli nella zona di Al-Suweida, che con Quneitra e Daraa era considerata una delle località demilitarizzate e coperte dalla tregua. La Quinta divisione corazzata dell’esercito siriano è stata la punta di diamante dell’offensiva denominata “Operazione Grande Alba”. Durante la loro avanzata, le truppe siro-sciite hanno conquistato 11 villaggi e piccoli centri, inclusi Tel Asfar e Al-Qasr, località baricentriche tra la Giordania e il Golan. La Quinta divisione corazzata di Damasco e gli Hezbollah hanno anche costretto gli uomini delle Syrian Democratic Forces a ritirarsi. Tutto questo ha mandato in bestia i vertici del governo di Gerusalemme, che, allertati dai propri servizi segreti, si sono rivolti a Trump per fare in modo che la tregua proclamata ad Amburgo non si rivelasse un boomerang proprio per Israele. E in questa chiave va interpretata la presenza russa nella zona o almeno quella della polizia militare di Mosca. Difficile viene immaginare, invece, lo “sbarco” dei paracadutisti ceceni. Evidentemente il Cremlino li schiera di riserva per rispondere a qualsiasi eventuale “provocazione” della controparte americana. Qualche giorno fa, infatti, il cessate il fuoco è stato in qualche modo aggirato proprio da Washington, che ha rifornito di armi, munizioni e vettovagliamenti i ribelli anti-Assad schierati a Daraa.
Certo, a scherzare col fuoco qualche volta ci si brucia. Speriamo non sia questo il caso della Siria, dato che le truppe di Mosca e di Washington operano pericolosamente vicine. Un incidente, anche un minimo incidente, potrebbe innescare un confronto dalle conseguenze inimmaginabili.
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