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Trump taglia i fondi destinati ai ribelli anti-Assad

Team Trump "Il Papa pensi alle mura vaticane"

Donald Trump, un colpo al cerchio e uno alla botte, continua a dare pratica applicazione alle intense raggiunte con il Cremlino da lunga pezza. L’ultima mossa, presa in un assordante silenzio, è stata quella di emanare una direttiva presidenziale, che toglie alla Cia un bel po’ di risorse, necessarie per sostenere la guerra in Siria. Intendiamoci, è una partita di giro: non si tratta propriamente di dollari destinati agli 007 americani, ma dei finanziamenti indispensabili per rifornire di armi e munizioni i ribelli anti-Assad.

È anche un segnale che ormai alla Casa Bianca e al Pentagono hanno dato il Califfo e il Califfato per definitivamente accoppati. O quasi. E tanto per accendere le luci al neon su questa decisione, il portavoce delle forze della coalizione, il colonnello dell’esercito USA Ryan Dillon, ha informato tutti, urbi et orbi, che d’ora in poi Washington sosterrà solo la lotta contro l’Isis. Strafregandosene implicitamente di quella contro Assad.

Tutto questo mentre i russi, zitti zitti e quatti quatti, hanno trasferito i loro reparti militari dotati di armi e strumentazioni sofisticate ad appena 8 km. dal Golan, facendo venire i sudori freddi alla schiena di mezzo governo israeliano. A metà del mese, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, il Ministro dela Difesa Avigdor Lieberman e il capo di Stato maggiore dell’esercito di Gerusalemme, luogotenente generale Eisenkott, hanno visitato le installazioni della divisione Bashan, posizionata giusto di fronte allo schieramento dei russi. Tutto questo, dicono gli esperti, è la cambiale in bianco firmata ad Amburgo da Trump che Putin ha presentato all’incasso, minacciando di protestarla. Nell’ambito delle visioni neoisolazionistiche che fanno parte della Dottrina Trump, infatti, non bisogna arroccarsi solo sull’import-export, ma cominciare a tagliare le spese in tutti i settori, anche in quelli militari “non strettamente indispensabili”. Da qui la logica considerazione che, nell’agenda della Casa Bianca, Assad ha smesso di essere uno dei nemici più odiati e che ben altre sono le priorità.

La scelta di tagliare i trasferimenti finanziari alla Cia in Siria è anche un preciso segnale di come il nuovo Presidente stia cercando in ogni modo di passare il bianchetto su tutte le decisioni che erano state prese da Obama e che riguardavano argomenti di scottante interesse nazionale. In particolare, sul Medio Oriente, i più maligni dicono che Trump giri per i giardini della Casa Bianca esprimendo pensieri ad alta voce: “Caro Vladimir Vladimirovic Putin, hai voluto la bicicletta? E allora pedala e sgancia i soldi necessari per finire il lavoro sporco. La nuova Amministrazione repubblicana è pronta a rinunciare a qualche medaglia sul petto e a dare largo alle aquile ex zariste, pur di risanare il disastrato bilancio federale.

E poi, diceva qualcuno, a pensare male si fa peccato ma spesso si azzecca. Perché continuare a finanziare una guerra per procura, favorendo i vari bla-bla-bla di turno, a cominciare da quelli degli europei, sempre pronti predicare bene e a razzolare male? Le inimicizie e le antipatie che Donald Trump sta raccogliendo col “coppo” nel Vecchio Continente, infatti, vengono ripagate con la stessa moneta. Volete la sicurezza? Pagatevela.

Intanto, arriva il generale John Kelly per riportare ordine nel caos della Casa Bianca, dilaniata sempre più da lotte intestine di potere. Donald Trump lo ha scelto come capo dello staff al posto di Reince Priebus. Un avvicendamento al vertice con il quale il presidente prende ancora di più le distanze dall’establishment repubblicano, che lo ha deluso non mantenendo la promessa sull’abolizione dell’Obamacare e “tradito” con le sanzioni alla Russia che, comunque, firmerà. La nuova rivoluzione alla West Wing lascia intravedere una nuova era per l’amministrazione, e fa tremare altri nomi eccellenti: se il ministro della Giustizia Jeff Sessions sembra essere il primo della lista fra i “papabili” di licenziamento, scricchiolano anche Jim Mattis e Rex Tillerson, così come non dorme sonni tranquilli Steve Bannon, anche se quest’ultimo «almeno per ora» dovrebbe restare.

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