G li stanno facendo pelo e contropelo e lui cerca di difendersi disperatamente, con le terga appoggiate ai muri della Casa Bianca. Quella di Donald Trump, attualmente, non è proprio una luna di miele col popolo americano, né tanto meno con i mass-media, che se lo stanno mangiando cotto e crudo. Il presidente replica ai continui attacchi sul “Russiagate” con l’unico modo che conosce: prendendo a cornate nemici, presunti amici, parenti e vicini di casa. Dopo l’affaire, rovinoso per l’immagine di Trump, che ha coinvolto il capo dello staff della Casa Bianca, Reince Priebius, nella stampa a stelle e strisce sono comparsi articoli di fuoco sui retroscena dell’immonda matassa. Dunque, nel tentativo di evitare ulteriori sfonda-piedi, il Presidente ha messo sottosopra la sua squadra, per l’ennesima volta, portando alla Casa Bianca un nuovo capo della comunicazione, Anthony Scaramucci. Il quale si è subito messo in evidenza, facendosi notare per una serie di telefonate tra il patriottico e il minaccioso: «Ditemi chi parla assai – ha sibilato – o licenzierò mezza Casa Bianca». Beh, hanno licenziato lui su due piedi, e senza preavviso. Dopo soli undici giorni, il nuovo capo di Gabinetto di Trump, John Kelly, se l’è liquidato come un manovale a cottimo. Per questo la stampa americana ci ha ricamato sopra, nel senso di aver voluto significare che se i consigliori del Presidente sono questi, allora nella migliore delle ipotesi siamo bell’e fritti. Stando così le cose, la presenza di Scaramucci alle costole del presidente, sembra più avere avuto la funzione di guardia pretoriana che quella di un effettivo tecnico dei mass-media. La tempesta sulla fuga di notizie dallo Studio Ovale è arrivata proprio mentre altre campane suonavano a morto per il presidente, che adesso rischia seriamente di rimanere invischiato nelle sabbie mobili di una procedura di impeachment. Il “gran giurì” chiesto dal consigliere speciale Robert Mueller, che indaga su tutto il dossier relativo agli intrecci con Putin, non è uno scherzo. Si tratta di un organismo che, per la legge Usa, ha una sua autorevolezza e potrebbe tracciare un’autostrada capace di far colpire dritta al cuore l’Amministrazione repubblicana. In particolare, tutti gli occhi dei mass-media saranno puntati sulle audizioni dei personaggi chiamati a testimoniare. Il complotto sarebbe stato architettato durante la campagna elettorale, per colpire la credibilità e la reputazione di Hillary. Sembra che Robert Mueller abbia intenzione di mettere sotto torchio il figlio stesso del presidente, Donald Jr, cercando di fargli spifferare i motivi dei suoi legami con l’avvocato russo che avrebbe fatto da tramite per organizzare il presunto complotto contro la Clinton. Alla sbarra sono attesi anche il genero di Trump e suo senior advisor, Jared Kushner, e il direttore della campagna elettorale, Paul Manafort. Inutile sottolineare come il presidente abbia già iniziato il suo fuoco di sbarramento, sparando a palle incatenate contro quella che giudica un’azione di partigianeria politica, che niente ha a che vedere con la realtà dei fatti. Il problema vero, per Trump, è che la forma stessa del “gran giurì”consente, aggirando i tempi della giustizia normale, di tenere aperto un caso anche per diversi anni, puntando all’acquisizione di nuove prove e di possibili testimonianze. Come già avvenuto in altre occasioni e, in particolare, nel Watergate e nel Whitewater, quando si arrivò a chiedere e a ottenere anche l’audizione di Richard Nixon e di Bill Clinton. D’altro canto, il nervosismo di tutto l’establishment della Casa Bianca è palese, come testimoniano i continui attacchi contro lo stesso Robert Mueller, l’Attorney General James Session e il vicecapo dell’FBI, Andrew McCabe. Insomma, in questa fase, il povero Donald fa la figura del porchetto messo a rosolare a fuoco lento su un bel letto di patate. Ma non ve lo calate, perché lui è furbo. Se chi cucina non si mette a girare vorticosamente lo spiedo, senza perdere tempo, vedrete che il presidente troverà modo di uscirne integro, senza una scottatura. E, per giunta, a ogni giro, si mangerà …anche tutte le patate.
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