Dopo tre anni di assedio, le truppe governative siriane sono riuscite, con una violentissima offensiva, a sfondare le linee dell’Isis e a entrare a Deir ez-Zour, l’ultima roccaforte del. Califfato nell’est della Siria. Sono stati così liberati oltre 5 mila soldati di Assad, asserragliati nel vicino aeroporto militare, ormai allo stremo delle forze, che venivano regolarmente riforniti con un ponte aereo organizzato dall’aviazione di Mosca. Gli stessi russi hanno avuto un peso decisivo nell’attacco, sostenendolo con ripetuti strike aerei, bombardamenti di missili da crociera “Kalibr” e l’utilizzo di elicotteri d’assalto. Ma lo sforzo maggiore dell’offensiva è ricaduto sulle spalle di due brigate di Hezbollah che appoggiano l’esercito di Damasco.
ll pieno successo del piano elaborato con la supervisione di Mosca (e di Teheran) ha consentito ad Assad di tornare in possesso dei pozzi petroliferi esistenti nella zona, che costituivano una cospicua forma di finanziamento. I missili “Kalibr” sono stati sparati da una nave russa che staziona nel Mediterraneo al largo del porto di Tartus e hanno distrutto, come dichiara il Ministero della Difesa di Mosca, “centri di comando, linee di comunicazione e depositi di munizioni” dei miliziani del Califfo.
Le bombe e i razzi dei “Sukhoi”, invece, hanno saturato le trincee, costringendo i jihadisti a darsi alla fuga. E ora?
Il “lavoro sporco”, come lo chiamano gli specialisti del settore, va completato, tallonando le forze dell’Isis in ritirata fino a un’altra città-fortezza, quella di Abu Kamal, sul confine irakeno. Come si è detto, una parte considerevole nell’attacco a Deir ez-Zour l’hanno avuta le brigate di Hezbollah. Così come gli stessi guerriglieri sciiti libanesi sono stati fondamentali nella ”Battaglia dei Monti Qalamoun”, a ridosso del Golan israeliano. Anzi, non senza una punta di veleno, fonti di Gerusalemme hanno fatto sapere che proprio quell’operazione ha visto la partecipazione ”coordinata” di gruppi d’assalto americani e britannici che, assieme ai siriani e ai governativi libanesi, hanno liquidato le forze dell’Isis nella regione. Naturalmente, aggiungono gli analisti israeliani, cinque anni di operazioni condotte fianco a fianco con i siriani, i russi e l’US Army hanno aumentato notevolmente l’esperienza tattica e strategica di Hezbollah sul campo. Insomma, i guerriglieri sciiti dello sceicco Nasrallah sembrano essere ridiventati il nemico pubblico numero uno di Gerusalemme, anche perché vengono visti come la longa manus degli ayatollah di Teheran. Sembra questo il motivo per il quale Netanyahu ha ordinato le più imponenti esercitazioni militari dell’esercito israeliano (IDF), da diciannove anni a questa parte, a ridosso con il Libano. I servizi segreti israeliani temono infatti una “ricaduta” sul loro Paese delle rinnovate potenzialità belliche di Hezbollah.
Il Partito di Dio della Bekaa avrebbe ormai nel suo arsenale carri armati, “droni” e una formidabile riserva di razzi e missili a breve gittata (“Debka” azzarda addirittura la cifra di 100 mila pezzi).
Secondo quanto si è saputo, nell’imponente operazione sono impiegate decine di migliaia di uomini: reparti operativi, riservisti, commandos e unità di intelligence.
Giovedì notte, il Ministro della Difesa Avigdor Lieberman, apparso elusivo sul raid aereo di Masyaf (contro una fabbrica di prodotti chimici siriani), ha ribadito che se da Deir ez-Zour gli iraniani (ed Hezbollah) pensano di ritagliarsi un corridoio che, fiancheggiando la frontiera irakena, risalga poi fino al Golan, sono fuori strada. Israele lo impedirà. Lo stesso bollettino è stato lanciato ai naviganti dal Maggior Generale Hertzi Levy, capo dell’Aman (il servizio di intelligence militare).
Intanto, però, da Gerusalemme continuano ad arrivare notizie poco rassicuranti: gli americani hanno ceduto ai governativi siriani (e quindi anche all’Iran) il posto di frontiera di al-Tanf. Dovesse cadere pure Abu Kemal, il cerchio si chiuderebbe e il corridoio Teheran-Golan sarebbe cosa fatta.