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Malaria: ipotesi contagio Sofia con ago pungidito

Malaria: ipotesi contagio Sofia con ago pungidito

Potrebbe essere stato un ago pungidito, di quelli che si usano per controllare il diabete, ma anche per effettuare la goccia spessa, esame utile a diagnosticare la malaria, a causare il contagio di Sofia, la bambina trentina di 4 anni morta di malaria. Un contagio avvenuto, secondo questa ipotesi, nel periodo in cui era stata ricoverata a Trento per diabete, mentre in pediatria c'erano due bimbe con la malaria. Ad avanzarla è il dottor Walter Pasini, direttore del Centro di Travel Medicine and Global Health. "Sembra assumere sempre maggior corpo nella vicenda di Trento - sostiene - quella che sin dall'inizio appariva l'ipotesi più probabile e cioè che la povera bambina abbia contratto l'infezione nel periodo dal 16 al 20 agosto, dal sangue infetto attraverso un errore umano, quando era ricoverata in un reparto pediatrico che ospitava due bambine africane ammalate di malaria. Probabilmente l'ago infetto che ha trasmesso il protozoo della malaria è stato quello pungidito sul polpastrello della mano.

"Sarebbe servito - spiega Pasini seguendo tale ipotesi - per il controllo della glicemia della bambina affetta da diabete. L'ipotesi che una zanzara Anophele, di cui peraltro non risultano tracce nelle trappole dell'ospedale, possa avere punto una delle due africane e poi la piccola appare inverosimile, così come le altre ipotesi formulate all'inizio". "La vicenda - sottolinea allora l'esperto - pone drammaticamente in evidenza il tema delle infezioni intraospedaliere, che sono la più frequente e grave complicanza dell'assistenza sanitaria e componente importante della nocività dell'ospedale. Le infezioni contratte in ospedale sono la conseguenza della scarsa igiene ambientale, dell'inosservanza dei protocolli atti a tutelare la sterilità degli interventi chirurgici e diagnostici invasivi da parte del personale sanitario, dalla crescente antibiotico-resistenza e dell'imperizia e negligenza del personale medico ed infermieristico. Non esiste ancora nel nostro Paese piena consapevolezza del problema da parte delle autorità sanitarie, dei medici e della pubblica opinione, ma desta viva preoccupazione l'emergenza di ceppi di batteri resistenti a tutti gli antibiotici, anche quelli di nuova generazione, tra cui ceppi di bacilli di Koch multiresitenti ai farmaci con cui si cura la tubercolosi". "Compito fondamentale delle direzioni sanitarie e dei servizi di igiene - conclude Pasini - sarà quindi sempre più l'educazione, la formazione professionale del personale medico e infermieristico per ridurre l'impatto delle infezioni ospedaliere sui degenti, specie quelli più suscettibili di ammalarsi come i bambini piccoli, gli anziani, i malati di tumore, gli immunodepressi".

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