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Spararle grosse un’arte italiana

Spararle grosse un’arte italiana

A capitoletti. Come s’impone a chi, soverchiato più da sgradevoli sensazioni che da accadimenti eclatanti, cerchi di mettere insieme materiale eterogeneo.

Farse di democrazia. Organizzo primarie online per dare a tutti l’idea di star partecipando a un evento condiviso. “La maggioranza vince”: su questo, diamine, si è unanimemente d’accordo fin dalla prima elementare. In realtà ho già deciso chi vincerà. “In lizza” Biancaneve e i sette nani. E vincerà Biancaneve, è la faccia più commerciale, più somigliante a quella dei politici delle altre parrocchie. Con Di Maio l’azienda-partito proverà a battere gli avversari e a governare il Paese. Per anni ha imperversato un partito-azienda, adesso tocca a noi. Quanto a Renzi, ci pensa ogni mezzora la sinistra a dargli il fatto suo, e noi – a giorni alterni – le diamo un aiutino. Avrò il voto degli incazzati, come sempre, e ce n’è sempre – di incazzati – in qualsiasi teatrino occidentale. In Italia non potrà certo finire peggio che a Roma e in Sicilia, tra firme false e Regionarie «sospese», candidati contestati e attivisti ingrati.

Dacci oggi il nostro dossier quotidiano. Io mi sveglio ogni mattina e so che tenterò di far nero qualcuno. Il premier? No, sarebbe tempo speso male. Appare – a un Paese abituato a scontri a tinte forti e a toni da mercato – troppo incolore. Nel bene e nel male, non eccita nessuno. Meglio prendersela con quello che c’era prima, quel giovanotto arrembante e sicuro di sé. È il top per radunare l’odio dei frustrati. Demoliamolo con ombre e sospetti, non diamogli il tempo di far bene o fallire con forze proprie. Noi siamo l’Italia; alla Merkel noi ganzi non avremmo dato neanche il tempo d’una celebrazione né dove c’era il muro del pianto tedesco né alla porta di Brandeburgo.

Dalla Costituzione ai vaccini. Noi siamo santi, poeti, navigatori, padri costituenti, virologi, esperti di politiche monetarie, noi sappiamo d’ogni cosa concreta ed eterea. In genere ce ne freghiamo di tutto, ma se in uno squarcio d’alba s’affaccia un articolo della Madre Carta o l’euro perde nerbo, o un qualche stafilococco si fa più aggressivo, ecco che sui social dispensiamo inattaccabili verità. C’è un complotto, i cerchi di grano non sono cerchi, su entrambi gli aerei che hanno abbattuto le Torri gemelle c’era Bush, i miei pensieri non sono miei perché a dettarmeli è qualche avvelenata scia chimica, il morbillo non esiste, l’hanno inventato le multinazionali farmaceutiche (dopo aver fatto più d’una porcheriola, qui e là negli anni, meritano la demonizzazione). Dirò la mia sui social, dove “la democrazia dell’urlo” trova inaspettatamente l’humus migliore.

Il politicamente tempistico. Troppi migranti, è vero. Visto che, a furia di insistere, si è convertito pure il Santo Padre? Solidarietà, ma con razionale parsimonia. Non possiamo certo riempire la terra patria di “parassiti neri infoiati” che passano il tempo “stuprando, inneggiando alla Jihad e rubandoci posti di lavoro” (leciti e illeciti...). E allora: vero che lo ius soli – se dietro c’è una consolidata italianità di tempo e luogo – è sacrosanto, ma non è il tempo di parlarne. Facciamolo dopo le elezioni; per ora che il “dàgli al nero” frutta voti, un po’ di razzismo ci sta. Ma che c’entra lo ius soli con i flussi abnormi (non più tanto) di migranti? Nulla, ma “la gente” non lo capisce.

Il trasformismo. I padani amano più il sud d’Italia che la Brianza. Barbarossa preferisce rosolarsi al sole delle Eolie che attardarsi tra le brume alpine. Svende identità e storia pur di accaparrarsi i voti dei terroni. A domanda risponde: la gente cambia. Il libro d’un politologo parla di «contingenza e necessità». Il padano ci arriva d’istinto. Alberto da Giussano sta più a cuore a un indigeno corleonese che agli ex padani. D’altra parte il loro papà senatùr ha truffato giustappunto il popolo lumbard. Ora Barbarossa parla di coerenza e onestà a noi contadini meridionali.

A capitoletti. Come chi potrebbe scrivere per chilometri ma sa che, riempito lo spazio disponibile, deve mettere un tubero di punto. Quarantasei minuti esatti. Questo 46 forse nasconde qualcosa. Maledette scie chimiche. O forse c’entra Valentino Rossi.

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