“Dio creò gli uomini diversi, ma Samuel Colt li ha resi uguali”. Pensierino della sera, tutto americano, dedicato al celebre fabbricante di pistole, che spiega come mai negli Stati Uniti ci siano quasi cinquanta morti al giorno, ammazzati a colpi d’arma da fuoco. Insomma, negli Usa il vezzo è quello di andare a dormire col pigiama e con la calibro 38 sotto il cuscino. Mode? Mica tanto.
Il massacro di Las Vegas lo testimonia: 59 morti e un mezzo migliaio di feriti. Tutti vittime di uno squilibrato che l’Isis ora cerca di far passare per terrorista “convertito” all’Islam. Il nocciolo della questione è che il killer girava senza problemi, portandosi appresso un arsenale da fare invidia a un battaglione di marines. Fucili a ripetizione, pacchi di munizioni ed esplosivi che sarebbero bastati a fare lo sbarco a Iwo Jima. Armi automatiche spesso considerate “da guerra”, ma che in America possono essere comprate liberamente da chiunque, manco fossero fucili a tappi. Cultura “of the frontier”, di quando i fratelli James e Billy the Kid assaltavano banche e diligenze? Oppure, per dirla in modo più tranchant, semplicemente “mancanza di cultura”? Del vivere civile, aggiungiamo noi. Perché, per un europeo, acquistare, collezionare e andarsene a spasso con un’artiglieria come quella del killer di Las Vegas è assolutamente demenziale, oltreché impossibile. Già, ma perché questo succede nella più avanzata (non sempre) democrazia del pianeta? La questione è vecchia quanto il cucco. La materia è regolata da una legge del ’34 (il National Firearms Act), di manica alquanto larga.
Un’altra legge del 1986 (il Firearms Owner Protection Act) ha un po’ stretto le maglie, che tuttavia restano ancora sufficientemente slabbrate. Infine, una sentenza della Corte Suprema (2008) ha definitivamente sancito la libertà di armarsi fino ai denti. Tornando al tema delle radici culturali del problema, bisogna riflettere su una cosa: gli americani non hanno storia e quella poca che “vantano” se la sono fabbricata sulla pelle degli indiani (un genocidio che grida ancora vendetta) e scannandosi nella più sanguinosa guerra civile dei tempi moderni.
E l’indipendenza, il generale Washington, la cacciata della “madrepatria “ inglese, che fine hanno fatto? Calma e gesso. La prima “licenza” fu concessa proprio per armare le milizie coloniali. Ma poi, da cosa nasce cosa, rivoltosi e pionieri ci presero gusto. Così, una nazione nata, cresciuta e vissuta combattendo, che ha colonizzato un intero continente (rubando la terra agli indiani e rinchiudendoli in squallide prigioni a cielo aperto) aveva necessità di armarsi. E di fare armare liberamente anche l’ultimo dei suoi scagnozzi. E che gli Stati Uniti siano una repubblica fondata sulla polvere da sparo è sancito persino dalla loro Costituzione, che gli dedica un solenne emendamento. Il secondo. Bene, cioè, male. Torniamo alle origini della scelta fatta da molti americani di vestirsi da Pecos Bill, magari senza cinturone, ma comunque con una pistola addosso. Durante l’epopea del Far West i pionieri si armavano per difendersi (e per farsi strada) in regioni sconfinate, dove lo Stato non era ancora arrivato. E cosi, spara oggi e spara domani, il vezzo di fare bumbum per dirimere qualsiasi divergenza di vedute prese piede.
Il resto lo fece la guerra di secessione, un mattatoio a cielo aperto che fece convivere milioni di americani col sangue e con la morte. Così, passateci il neologismo, brutto ma efficace, tutta l’America si “far-westizzò” e anche metropoli come Chicago si trasformarono in tante Dodge City. Non è un caso se abbiamo citato la metropoli dell’Illinois, dove la malavita organizzata (d’importazione) fece tesoro del secondo emendamento, trasformando le strade cittadine in altrettanti poligoni di tiro. Per i mitra, mica per le pistole. Chi non ricorda la strage di San Valentino eseguita a colpi di Thompson con caricatore circolare? Insomma, una storia fatta di libertà e di molta, molta violenza. E non si dica che armarsi è un diritto “insopprimibile” di natura, dato che il governo federale era arrivato persino (col proibizionismo) a vietare di bere un bicchierino.
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