Quasi 3 mila pagine di nuovi documenti, resi pubblici su iniziativa del Presidente Trump, per non dire quasi il resto di niente. Chi assassinò John Fitzgerald Kennedy? Fu solo Oswald l’esecutore dell’attentato indicato dalle diverse inchieste, o lui pagò invece le pere per tutti quelli che avevano ideato, organizzato e condotto a buon fine un vero e proprio complotto? E chi spedì Jack Ruby ad ammazzarlo in diretta tv? KGB, mafia, qualcuno azzarda a mezza voce lo stesso nome della CIA… Certo, dopo che gli US National Archives hanno diffuso il dossier sull’eliminazione del Presidente più amato dagli americani a Dallas i dubbi, anziché diminuire, aumentano.
Anche perché Trump si è detto “quasi obbligato” a lasciare nell’ombra altri 300 file. I più delicati. Pagine evidentemente “pericolose” per la reputazione di qualcuno. Già, ma per chi?
Una persona, uno Stato estero o una stessa agenzia statunitense? Le scommesse sono aperte, anche se i più maliziosi pensano che Trump non abbia fatto altro che lanciare un segnale di sguincio a chi finora gli ha rotto le scatole sul Russiagate e su molti altri “affairs”: CIA ed FBI per l’appunto. Attenzione a stuzzicare il pitbull che dorme, ha detto in pratica l’imbarazzante nuovo Presidente, “perché io so che voi sapete” e posso sputtanarvi in qualsiasi momento. Più che un ricatto, direbbe qualcuno, un’applicazione un po’ rustica (ma efficace) della Teoria dei giochi.
Insomma, se è vero che le barbefinte Usa hanno chiesto a Trump di continuare a oscurare una bella fetta di documenti, allora la conclusione da trarre è una sola: nell’omicidio di Kennedy le due famosissime sigle, incaricate di spionaggio e sicurezza interna, ci sono dento fino al collo. Ma perché “sanno” e “non dicono”, o perché qualche ramo “deviato” di queste agenzie ha pensato bene di togliersi dai piedi un Presidente scomodo? Certo, la mossa di Trump, come abbiamo detto, complica alquanto gli scenari rianima le “teorie del complotto”.
Ora le ipotesi su ciò che è rimasto, obtorto collo, ancora “classificato” si sprecheranno, rendendo ancora meno verosimili le conclusioni della Commissione Warren, che stabilì che a sparare era stato solo Lee Harvey Oswald e “di sua iniziativa”.
Bene, gettiamo la maschera, senza per forza scadere nel “complottismo”: chi cercava di coprire la Commissione Warren? È questo il punto che apre altre mille interrogativi. Anche perché il puzzle è veramente complicato. Innanzitutto, i trascorsi di Oswald depongono per una sua attiva partecipazione nell’omicidio di Kennedy. Oswald si era rifugiato in Russia per tre anni e poi era tornato “pentito” negli Stati Uniti, trovando però il tempo di sparare a un famoso esponente dell’ala dura contro Mosca, il generale Edwin Waller. Inoltre, viaggiando in Messico, aveva incontrato un alto esponente del KGB “mascherato” da diplomatico russo.
Almeno così sostenne all’epoca la Cia, alimentando il sospetto che dietro Oswald ci fosse lo zampino dei sovietici. Calma e gesso però. Perché l’ex marine “convertito” al barbone di Marx, aveva il piede lungo. Si recò, infatti, anche a Cuba. Patria di un altro “barbudo” famoso e molto temuto dall’America: Fidel Castro. E siccome Kennedy aveva autorizzato il tentativo di “golpe” contro Cuba, con lo scombiccheratissimo sbarco alla Baia dei Porci e, inoltre, aveva dato via libera alla Cia per cercare di fare la festa proprio a Fidel, ecco che salta fuori anche la pista “cubana”. Castro voleva morto Kennedy perché il Presidente Usa voleva morto lui.