L’ennesimo sanguinoso attentato di matrice islamica a New York potrebbe avere, in realtà, una “firma” diversa da quella dell’uzbeko che ne è stato l’autore materiale. Parliamo di Turjuman al-Asawirti, un nome che gira solo negli uffici dei servizi segreti. Al-Asawirti è una specie di genio dell’informatica, non tanto in senso tecnico, quanto sul versante della capacità “massmediologica”. Mette la sua esperienza al servizio del Califfato e ne cura l’immagine e le campagne di reclutamento “a distanza”, incuneandosi abilmente nelle menti dei i potenziali jihadiisti. Insomma, è internet la nuova frontiera dell’estremismo islamico, capace di eludere qualsiasi “filtro” delle agenzie di sicurezza nei Paesi scelti come bersaglio. E iI Presidente Trump dimostra di non avere capito un fico secco del problema, quando definisce gli attentatori «dei poveri malati di mente».
La verità è che il Califfo, Abu Bakr al-Baghdadi ha sovvertito le vecchie strategie utilizzate da Bin Laden e da Al Qaida, che puntavano su un nocciolo duro di terroristi professionisti. Con l’Isis è cambiato tutto. Prima i “foreign fighters” arrivati in massa dall’Europa e adesso i “lupi solitari”, i terroristi “della porta accanto”, indottrinati e votati alla causa del jihadismo internazionale via web. I servizi segreti occidentali sono stati colti di sorpresa e stanno cercando, solo adesso, di metterci una pezza, in colpevole ritardo.
La direttrice del SITE (Intelligence Group Enterprise) Rita Katz, analizza da anni il fenomeno internet come cavallo di Troia del terrorismo. E proprio il mese scorso ha pubblicato una lunga analisi sull’impatto esponenziale del reclutamento di aspiranti terroristi in nome dell’Islam. Anche se gli specialisti invitano a non generalizzare: esiste un terrorismo “delle banlieues” (periferie) come quello francese o inglese, che è ha un miscuglio di radici sociali e religiose, e un terrorismo più squisitamente “coranico”, dominato da motivazioni essenzialmente islamistiche. Fanno danni entrambi, ma quello che vede protagonisti anche immigrati di terza generazione è il più pericoloso, perché assolutamente imprevedibile. I terroristi “faidatè” si armano come per andare a una festa in maschera (vedi il caso di Manhattann) ma poi finiscono per fare otto morti e una catasta di feriti. Dopo Las Vegas, il SITE ha trovato chiare tracce informatiche dell’opera di indottrinamento via web condotta da al-Asawirti. Per questo gli specialisti aspettano che compaia su internet qualche rivendicazione del Califfato. Loro non hanno organizzato operativamente l’attentato di Manhattan, ma potrebbero limitarsi ad apporvi il loro “brand”. Lo dimostra anche il blog di Bayt al-Masadyr, dov’è possibile reperire una quantità impressionante di materiale sul Califfato e sui suoi messaggi, postati con chiare finalità propagandistiche.
Ma l’intelligence occidentale come si difende? Chiudendo a ripetizione i siti sospetti. Che, però, al-Asawirti riapre da un’altra parte il giorno dopo. Finora l’ha fatto per almeno 130 volte.