«Voglio essere un’alternativa, non un’alternanza. Veniamo da settant’anni di politica assurda e irrazionale. Ora voglio voltare pagina». Nello Musumeci, a “Porta a Porta”, innesta la marcia e mette sul tavolo il primo carico di briscola: «Potrò dire qualche no, perché tra 5 anni me ne torno in campagna. Il mio primo provvedimento sarà rendere efficiente la Regione, bonificarla, premiare il merito dei dirigenti e andare a Roma e incontrare il governo – conclude – per vedere se vuole applicare in toto le misure previste dallo Statuto».
Qualche giorno per smaltire le tossine e lasciarsi alle spalle le polemiche di troppo, come quella sugli impresentabili, alcuni dei quali però non sono stati eletti come Riccardo Pellegrino (FI) col fratello imputato di mafia e Antonello Rizza (Fi) recordman di capi d’imputazione: 22. Poi, il presidente Nello Musumeci, che si è rifugiato in campagna dove rimarrà a riposo per un paio di giorni, ma già al lavoro su alcuni dossier come quello dei fondi Ue di cui parlerà a Bruxelles con Tajani, comincerà a entrare nel vivo del confronto con gli alleati sulla squadra di governo – arriveranno i primi no? –, sugli assetti della coalizione e sulle prime cose da fare rispetto al programma.
Nella coalizione intanto c’è euforia, soprattutto in casa Lega per avere preso tre seggi, anche se in coabitazione con FdI, nel Parlamento più antico d’Europa. Gianfranco Miccichè giovedì sarà a Palazzo Grazioli, a Roma, per il vertice convocato da Berlusconi con i coordinatori regionali di FI per fare il punto dopo la vittoria in Sicilia. Matteo Salvini, invece, ha voluto abbracciare direttamente il nuovo governatore; i due si sono incontrati nell’aeroporto di Catania in un clima festoso e di serenità. Poi si sono appartati per parlare. Al bar dello scalo hanno preso un caffè. Alla domanda del barista «volete un arancino?», Musumeci e Salvini hanno sorriso: «No, grazie, basta arancini...», e hanno ordinato una brioche che hanno diviso a metà. Poi Salvini parlando con i cronisti un po’ a sorpresa ha ribadito il giudizio sul M5S che aveva espresso in campagna elettorale: «Non condivido chi nel centrodestra insulta o riduce a una scelta di disperati o fannulloni il voto dato ai M5S, che invece merita rispetto. C’è stato un voto disgiunto a favore del candidato presidente che ha preso più preferenze della lista. Loro sono il primo partito in Sicilia quindi ci devi ragionare e dialogare. E se fossi Musumeci - insiste - li interpellerei sulle scelte più importanti».
Anche se il centrodestra non avrebbe bisogno di “stampelle”. Musumeci, che ha vinto col 39,9% staccando di 5,3 punti Giancarlo Cancelleri (M5S), può infatti contare sulla maggioranza in Assemblea: 36 parlamentari su 70. Il gruppo più numeroso è quello dei 5Stelle, con 20 deputati. Solo per metà si può parlare di nuova Assemblea. Sono 36 i deputati che rientrano all’Ars, mentre i “nuovi» sono 34, ma solo una parte al primo mandato perché in qualche caso si tratta di un ritorno, come quello di Cateno De Luca e Alessandro Aricò. Le donne rimangono 14, ma in proporzione risultano di più in quanto la nuova legislatura è formata da 70 deputati e non più da 90. Gran parte dei volti nuovi si trova tra i 5Stelle, la metà dei 20 deputati, e tra le fila di Forza Italia, 6 su 12. Tra gli habituè con diversi mandati alle spalle ci sono Giuseppe Lupo, Baldo Gucciardi e Antonello Cracolici del Pd, Riccardo Savona per FI, Mimmo Turano dell’Udc, Nicola D’Agostino di Sicilia futura.
Da parte degli sconfitti si fa buon viso a cattivo gioco. Anche se Cancelleri non ce l’ha fatta, Beppe Grillo parla «di risultato storico» per i 5Stelle. «Nel giro di soli cinque anni abbiamo praticamente raddoppiato i voti», si legge nel blog. Matteo Renzi, invece, ammette la sconfitta del Pd. Che tuttavia ha mantenuto «gli stessi voti delle regionali del 2012», scrive nelle e-news. «E rispetto alle politiche - è l’analisi di Renzi - la coalizione di Bersani nel 2013 prese 21,4%, quella di Micari il 25,2%. Dunque noi, pur avendo perso, siamo cresciuti rispetto al 2013».
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