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Giunta regionale,
la divisione della “torta”

Giunta regionale, la divisione della “torta”

Il quoziente per la divisione della torta è stato codificato in campagna elettorale nella trattativa politica tra gli alleati del centrodestra. Il criterio è matematico, ogni 3,5% della lista scatta un assessore. Conti alla mano Forza Italia dovrebbe incassare 4 assessori, 2 l’Udc, uno “Diventerà Bellissima”, uno Fdi-Salvini e uno Cantiere popolare. Una spartizione scritta dalle urne.

Lo schema è da integrare con i tre fuori quota (Armao, Lagalla e Sgarbi). Se questa è la base bisogna calcolare l’altezza. In questa direzione all’inizio della prossima settimana gli alleati del centrodestra uniranno i punti per disegnare i volti degli assessori.

Il governatore, però, deve fare i conti con diverse variabili, coniugando immagine e tattica, ma soprattutto scongiurando la prospettiva di rimanere ostaggio di Gianfranco Miccichè. E qui s’innesta la partita per i vertici dell’Ars. I numeri sottili della maggioranza (36 su 70) giocano a favore di Musumeci.

Il fronte degli “impresentabili” è sempre una spina nel fianco e il presidente della Regione parte da qui: «Impresentabili nella mia Giunta? È naturale che non ce ne saranno. Nessun impresentabile né sul piano della legge né sul piano etico».

Il governatore non si limiterà a ratificare le indicazioni delle segreterie politiche, ma farà una scrematura per evitare di ritrovarsi spiazzato con qualche nome opaco.

Il veto su assessori con precedenti esperienze alle spalle avrà solo un’eccezione, visto l’impegno con Lagalla in campagna elettorale. Ma l’ex rettore di Palermo non incasserà la delega alla sanità. Tra i più accreditati per entrare nel governo regionale c’è Marco Falcone, uscito dall’Ars con la divisa di capogruppo di Forza Italia e confermato dalle urne.

C’è poi la partita a scacchi su Messina, con Genovese, Formica-Grasso e Germanà che hanno già inviato i loro segnali di fumo. In riva allo Stretto si potrebbe aprire un varco anche per Elvira Amata, in quota Fratelli d’Italia.

Alla fine la sintesi sarà ricondotta al rapporto con Gianfranco Miccichè, lo snodo decisivo che orienterà le scelte degli assessori. Il commissario regionale di Forza Italia si vuole imporre come governatore ombra. In questo senso la presidenza dell’Ars rappresenta una cabina di regia nevralgica. Ma Musumeci - con una maggioranza all’osso - non può permettersi di delegare le manovre dell’Ars all’uomo che cinque anni gli voltò le spalle. A meno che non abbia adeguati contrappesi da usare come deterrenti per frenare le invasioni di campo, già tentate da Miccichè in campagna elettorale. È la chiave di lettura per decifrare il messaggio politico amplificato ieri dal nuovo governatore: «Dobbiamo lavorare per una proposta seria – ha sottolineato Musumeci – la Destra di governo deve sapere andare oltre gli steccati e tornare a essere inclusiva. È quello che abbiamo fatto in Sicilia e ha funzionato».

L’elezione per i vertici dell’Ars rappresenta il terreno più fertile per ammortizzare le ambizioni di Miccichè.

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