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L’Eldorado a un passo da casa

L’Eldorado a un passo da casa

Il 6 agosto 2015 l’Egitto ha inaugurato il ristrutturato Canale di Suez. Pochi lo ricorderanno, ma ci sono buone ragioni per analizzare quanto è successo in questi due anni. Prima di tutto i tempi di percorrenza scesi da 18 a 11 ore, poi il passaggio delle navi di maggior tonnellaggio, con conseguenti significativi risparmi per gli armatori e con un consistente aumento delle entrate per il governo egiziano. La concorrenza ai grandi scali di Rotterdam, Jebel Alì (Emirati Arabi) e Amburgo, visto il traffico in entrata e uscita lungo l’asse che da Gibilterra guarda a Cina e America, è stata tanto rapida ed efficace da avere interessato perfino il Canale di Panama. Una straordinaria rivoluzione economica e sociale, dunque, che premia un Paese che ha fortemente puntato sulle grandi infrastrutture.

La solita domanda. A noi siculo-calabri perché dovrebbe interessare tutto ciò? Presto detto. L’autostrada del mare voluta dal Governo egiziano ha subito prevalso sulla rotta americana, nonostante il raddoppio del passaggio tra Atlantico e Pacifico: nei primi nove mesi dell’anno sono transitate dall’Egitto 668 milioni di tonnellate di merci e 13.000 navi, da Panama 241 mln e 13.500 di minor tonnellaggio. Numeri che provano quanto il “nostro” Mediterraneo sia diventato la porta verso Oriente, un passaggio strategico per il commercio mondiale, via privilegiata che sta convogliando miliardi di investimenti. Basti pensare a quanto sta realizzando la Cina in Grecia, dopo avere acquisito il porto del Pireo, che sarà collegato ai mercati asiatici con una ferrovia.

Un solo Paese dorme sonni tranquilli: l’Italia. Qualche mese fa il presidente del Consiglio ha ipotizzato una “via della seta” per interconnettere i porti di Venezia, Genova e Trieste con i grandi snodi internazionali. Verrà realizzata? Speriamo, peccato che non si sia seriamente ragionato di come agganciare il Sud a queste nuove “carovane”, che sposteranno miliardi. Il ponte sullo Stretto, l’alta velocità? Materia per animare le campagne elettorali. Dopo i “comizi” in terra di Sicilia, se ne discuterà il prossimo anno quando dovrà essere rinnovato il Parlamento. Ma saranno, come sempre, stanziati solo miliardi di… parole. La Sicilia, “piattaforma” in mezzo al Mediterraneo, e la Calabria con il porto di Gioia Tauro continueranno solo a sognare l’Eldorado che abbiamo a un passo da casa. I veneti e i lombardi chiedono l’autonomia perché hanno tutto il resto, i siciliani hanno lo Statuto speciale ma null’altro. Uno scambio? Al Sud ci accontenteremmo di avere ferrovie, porti, aeroporti, autostrade e strade sicure. Un Sud che può rappresentare, qualcuno lo spieghi con i numeri dell’economia (non mentono), il futuro di questa Italia che arranca, ancora oggi che la ripresa mondiale vola.

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