Totò Riina è stato tumulato nel cimitero di Corleone, vicino al gotha della mafia che non c'è più: Michele Navarra, Luciano Liggio, le ceneri di Bernardo Provenzano, ma anche vicino a molte delle vittime di Cosa nostra. Il carro funebre, partito ieri da Parma, è stato fatto entrare dall'ingresso laterale per evitare i fotografi e i giornalisti. La figlia Lucia, protetta da un cordone di poliziotti, è appena uscita dal cimitero insieme al marito. In lacrime, si è allontanata senza rispondere alle domande dei giornalisti.
Fra Giuseppe Gentile, parroco della chiesa di Maria Santissima delle Grazie di Corleone, ha benedetto la salma. Ad accompagnare il feretro alcuni parenti, la moglie del boss, Ninetta Bagarella, vestita a lutto, e tre dei quattro figli: Lucia, Concetta e Salvuccio. Giovanni, il primogenito, è detenuto.
A Parma Totò 'u curtu' era arrivato a febbraio 2015 dal penitenziario milanese di Opera e al giorno di Santa Lucia di quell'anno, il 13 dicembre, risale il primo ricovero nel reparto detenuti, dove ha continuato a scontare in regime di 41 bis, il carcere duro per i mafiosi, le sue 26 condanne all'ergastolo. Sempre da Parma erano partite le ultime istanze per il differimento della pena, tutte respinte dai giudici, via via che le sue condizioni di salute hanno iniziato ad aggravarsi, per poi precipitare una decina di giorni prima della morte, quando dal reparto ordinario è passato alla terapia intensiva-rianimazione. Lì si è spento, alle 3.37 del giorno dopo il suo ottantasettesimo compleanno.
In solitudine, con intorno a sé i medici e gli infermieri che lo hanno curato fino alla fine e fuori dalla stanza la Polizia penitenziaria e personale della squadra mobile di Parma. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando aveva firmato un permesso per una visita dei parenti nelle ultime ore, ma nessuno, né la vedova Ninetta Bagarella né i quattro figli sono riusciti a usufruirne. Sono arrivati il giorno dopo, reagendo con ostilità alla presenza dei media. In pubblico nessuno di loro ha mostrato lacrime.