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«Il film di Cetto Laqualunque oggi pare un documentario»

«Il film di Cetto Laqualunque oggi pare un documentario»

Lui, l’inventore geniale di Cetto LaQualunque, le cui immagini negli ultimi tempi girano a commento di fatti di cronaca recenti, lo riconosce serenamente: «Io sto alla politica come Polifemo allo strabismo, ma se penso alla cronaca di quest’ultimo periodo “Qualunquemente” sembra sempre più un documentario. Anche quest’ultima cosa del messinese che aveva intestato i beni al figlio... o Renzi che sembrava facesse un comizio in chiesa... tutte scene del film stanno diventando reali».

Non fa una grinza. anche perché i suoi personaggi nascono proprio per raccontare il reale, sia pure in forma ironica e paradossale: «Cetto La Qualunque è venuto dalla voglia di affrontare in qualche modo la politica, è una maschera che può essere terribile. Un po’ quando lo interpreto mi vergogno, perché denuncia anche una brutalità oscena e spaventosa. Io amo attirare l’attenzione sui problemi con la comicità, l’ironia appartiene agli italiani e non dobbiamo perderla. Poi questo Paese mi dà sempre tanti spunti, è una palestra straordinaria e siccome amo l’Italia, mi piace riflettere nei personaggi determinate follie e incompatibilità».

E infatti se ne aggiunngono di nuovi, ora anche con un libro. Il gabbiano in crosta, il patè d’animo, il brodo alla griglia (che esiste davvero), le praline al carciofo depresso, il pollo Pollock, le polpette di licheni con corteccia al pesto: sono alcune delle esilaranti e deliranti ricette scritte da Albanese nei panni dello chef Alain Tonné, un personaggio creato 15 anni fa per “Mai dire gol” ma attualissimo, in quello che è il suo primo libro da autore, “Lenticchie alla julienne” (Feltrinelli).

«Gli altri libri erano raccolte di monologhi del teatro – ha raccontato in un’intervista all’Ansa l’attore, protagonista di un incontro con il pubblico a Roma, moderato dall’amico Giovanni Veronesi – . Questo nasce tanti anni fa, ma da due o tre anni mi sono reso conto di quanto fosse giusto riprenderlo».

Per lavoro «frequento molte trattorie e ristoranti e una giorno mi è capitato di ordinare un brodo, in cui mi hanno spremuto del bergamotto. Mi sono arrabbiato, e mi hanno risposto che era “un brodo fluttuante”. Amo la buona cucina e le sperimentazioni, ma da qualche anno secondo me si sfiora la follia, volevo raccontarlo attraverso l’ironia».

L’attore, che ritroveremo il 28 dicembre in sala con Paola Cortellesi, (già coprotagonista con lui in “Mamma o papà?”) nella commedia su un amore improbabile, “Come un gatto in tangenziale” di Riccardo Milani, ha in uscita nel 2018 anche il suo nuovo film da regista, “A casa”, su un viaggio di migranti al contrario.

Ora però c’è soprattutto il divertimento legato al libro, «che potrebbe diventare uno spettacolo teatrale, ci sto pensando. Anche perché oltre alle ricette racconto gli showcooking di Alain Tonné: situazioni esilaranti, «da quella in un bunker dove cucina con le manette per un criminale al Fuorissimo Salone di Sondrio».

La scrittura comica «mi mancava, anche da lettore. Non ci sono quasi più libri dedicati al sorriso e alla risata». Per Albanese, che qualche anno fa aveva anche aperto con degli amici un ristorante («mi sono divertito un po’ poi ho ceduto le quote»), “Lenticchie alla julienne” «è anche un atto d’amore verso i cuochi – dice sorridendo – . Ormai li vediamo spessissimo in tv, un po’ troppo. I giovani non sognano più di diventare calciatori, ma chef. Ho conosciuto una persona con un figlio di nove anni che ha chiesto per il compleanno una cena in un due stelle».

E un nuovo film su Cetto La Qualunque?

«Non lo so, ma Cetto non è morto: è tra gli indios a nascondersi in mezzo alle mangrovie, e prima o poi... tornerà».

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