«Bombe italiane, morti yemenite». Con un video reportage pubblicato in prima pagina sul suo sito
il New York Times rilancia un tema tanto delicato quanto noto: armi fabbricate in Italia e vendute all’Arabia Saudita sono state usate per bombardare civili innocenti in Yemen.
Il governo italiano ha più volte spiegato che non c'è nessuna attività illegale dietro la vendita di armi dal momento che Riad non è oggetto di embargo internazionale nel settore degli armamenti, tanto più che è un paese alleato e fa parte della coalizione anti-Isis. Fonti della Farnesina lo hanno ribadito anche oggi: «La vicenda è nota ed il Governo ha già chiarito più volte, anche in parlamento», hanno spiegato sottolineando che "l'Italia osserva in maniera scrupolosa il diritto nazionale ed internazionale in materia di esportazione di armamenti e si adegua sempre ed immediatamente a prescrizioni decise in ambito Onu o Ue». L’Arabia Saudita, hanno ricordato inoltre le stesse fonti «non è soggetta ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea».
L’inchiesta del Nyt è stata realizzata anche con la collaborazione del senatore del M5S Roberto Cotti e del deputato di Unidos Mauro Pili che hanno rivendicato entrambi di aver fornito per mesi al prestigioso quotidiano americano documenti, video e contatti, accusando il governo di avere «evidenti responsabilità».
Nel reportage si ricostruisce minuziosamente il percorso che dal cuore della Sardegna conduce in Arabia Saudita e ci si chiede se, con la vendita di queste armi, l’Italia violi leggi nazionali e internazionali. La questione era stata sollevata già due anni fa, a gennaio del 2016, quando un gruppo di esperti incaricati dall’Onu di indagare sulle violazioni nel paese martoriato dalla guerra civile aveva certificato l’uso di ordigni della Rwm, azienda con sede legale in provincia di Brescia e controllata dal gruppo tedesco Rheinmetall, fabbricati nello stabilimento di Domusnovas, vicino a Cagliari. I raid effettuati da Riad con quelle bombe di fabbricazione italiana, aveva avvertito l’Onu,
possono costituire «crimini di guerra».
Lo scorso giugno un gruppo di organizzazioni umanitarie, tra le quali Amnesty International e Oxfam, hanno chiesto alle Camere di approvare una mozione conforme al provvedimento preso dal Parlamento europeo il 25 febbraio 2016 che invitava ad avviare «un’iniziativa finalizzata all’imposizione di un embargo da parte dell’Unione europea sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita». Dall’appello sono scaturite due mozioni, presentate da alcuni deputati di Sinistra Italiana, Articolo 1-Mdp, Movimento 5 Stelle e altri.
I documenti sono stati respinti dalla Camera il 19 settembre. Approvate invece tre mozioni della maggioranza in cui il governo assicurava che avrebbe continuati «nel monitoraggio della crisi umanitaria in corso in Yemen sensibilizzando gli altri donatori sulla gravità della situazione e sostenendo gli sforzi in corso da parte delle Nazioni Unite affinché vengano mobilitate le necessarie risorse per finanziare l’azione di soccorso internazionale; a proseguire e a rafforzare le attività di assistenza umanitaria alla popolazione in linea con impegno finanziario assunto in sede di Nazioni Unite».
Nessun riferimento specifico alla vendita di ordigni italiani all’Arabia Saudita ma un impegno «a favorire, nell’ambito delle regolari consultazioni dell’Unione Europea a Bruxelles, una linea di azione condivisa in materia di esportazioni di materiali di armamento».
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