Può piacere tanto, poco, niente. Come può risultare molto simpatico o suscitare antipatia. Per i milanisti è un idolo senza tempo, per gli altri pallonari (ma non tutti) un fiero avversario da un ventennio, per l’Italia unita che ama (ancora?) la maglia azzurra uno dei grandi eroi di Berlino 2006: signore e signori tifosi, ecco Rino Gattuso, che nel pomeriggio affronterà una sorella calabrese. Quel Crotone che nel tempio di San Siro, contro i rossoneri, ha sempre impressionato.
Da quando ha sostituito Montella sulla panchina della regina del mercato, oggi unica delusione del campionato, il ragazzo di Corigliano Schiavonea ha (ri)portato in un ambiente calcistico che brilla per contraddizioni e ipocrisia, una ventata di genuinità, spontaneità e onestà intellettuale che sono tipiche del personaggio. Ha affrontato questa “mission impossible” con coraggio, il solito immenso cuore e un sogno da realizzare perché la chance è davvero enorme. Del resto il legame con il club è tale che all’amico e “vicino di casa” Max Mirabelli, che in estate lo aveva già voluto per rilanciare la Primavera, poteva dare una sola risposta.
E così anche se i risultati, derby di Coppa Italia escluso, sin qui non lo hanno premiato, Gattuso sta cercando di trasmettere al gruppo il suo credo, che poi è lo stesso di quando vestiva la maglia numero 8: carattere, senso di appartenenza, orgoglio, capacità di non mollare mai.
Prima del ko con l’Atalanta, nel ritiro di Milanello, aveva chiesto «più veleno». È stato accontentato solo qualche giorno dopo, quando di fronte c’erano i “cugini” nerazzurri e in palio il pass per le semifinali di Tim Cup.
In questo mese sulle montagne russe, Rino ha già vissuto tutti i sentimenti, una centrifuga di emozioni: la gioia per l’investitura (perché questi colori ce li ha stampati sulla pelle), ma anche l’amarezza, gli incubi Brignoli-Benevento («Sarebbe stato meglio prendere una coltellata»), il disorientamento, l’impotenza per non riuscire a cambiare una situazione complicata, versando forse qualche lacrima.
Ma il leone è pronto a ruggire ancora, confidando nel duro lavoro e sperando che i miglioramenti mostrati dalla squadra contro Inter e Fiorentina possano trovare continuità.
Le sue frasi da allenatore stanno già diventando un “must” in questo mondo della pedata sempre più omologato e nel quale ormai si parla con la mano davanti alla bocca. L’ultima? «Kessie stanco? È 100 chili di cristiano, un animale che può giocare tre giorni di fila». Unico!
E la non facile partita con un Crotone che giocherà con rabbia, rappresenterà per lui un doppio derby: sì, perché, la presenza sull’altro fronte di una star interista come Walter Zenga contribuirà a rendere l’atmosfera, anche sulle tribune (dove i tifosi pitagorici si faranno sentire), ancor più elettrizzante.
Gattuso simbolo della Calabria bella e pulita che “ringhia”, soffre e lotta prima di poter gioire per un traguardo, ovviamente non solo sportivo; Gattuso esempio cristallino di come si possa diventare campioni partendo da zero e senza essere stati baciati dal talento; Gattuso, tecnico giovanissimo («ma con più di 100 gare in panchina», come rivendica) che il 9 gennaio festeggerà i suoi primi 40 anni e che con le sue idee, l’ineguagliabile grinta, soprattutto frasi e concetti mai banali è pronto a stravolgere gli schemi. In tutti i sensi. Sì, perché Gattuso è una persona vera, che non molla mai e che la faccia ce la mette sempre, come sta dimostrando in questa nuova avventura al Milan. «Recitare, fingere di essere quello che non sono – disse una volta – non fa parte del mio sangue, io sono quello che la gente vede, senza filtri né maschere. Perché lo so bene che nella vita, come nel calcio, i palloni gonfiati fanno poca strada». Come fai a non voler bene a uno così?
Caricamento commenti
Commenta la notizia