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Belice, una ferita ancora aperta dopo mezzo secolo

Belice, una ferita ancora aperta dopo mezzo secolo

"Le capacità dell'intero Paese di reagire alle calamità naturali hanno rappresentato momento della verità, misura della coesione nazionale, del riconoscersi in un comune destino". Così il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, intervenendo a Partanna alla cerimonia per i 50 anni del terremoto che colpì il Belice nella notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968. 

Al momento del suyo arrivo, Mattarella è stato accolto dall'inno nazionale. In sala autorità istituzionali, civili e militari e tanti amministratori dei comuni della valle. Prima di entrare nell'auditorium, il Presidente della Repubblica è stato salutato dalla folla che si trova all'esterno dell'edificio e che ha urlato 'presidente, presidente'.

    Targhe alla memoria di personalità che si distinsero, in occasione del tragico sisma per l'aiuto prestato alle popolazioni terremotate, sono state consegnate nel corso della cerimonia. Un riconoscimento è andato alla memoria dei quattro vigili del fuoco Giuliano Carturan, Savio Semprini, Alessio Mauceri e Giovanni Nuccio morti durante le operazioni di soccorso. A consegnarla il superstite Franco Santangelo, all'epoca un bambino, estratto dalle macerie.

"Ricordiamo oggi, a mezzo secolo di distanza, il sisma che devastò la Valle del Belìce, primo terremoto devastante del dopoguerra - ha detto il Capo dello Stato -. Otto anni anni dopo avvenne quello del Friuli. Centodieci anni fa erano state colpite Reggio Calabria e Messina, con oltre 100.000 morti: la prima devastazione di queste proporzioni a ferire l'Italia unita".

Mattarella ha ricordato le altre calamità naturali che hanno colpito il Paese. "Le caratteristiche geo-morfologiche non ci hanno risparmiato una serie di cataclismi che hanno accompagnato le vicende del nostro popolo anche in questi ultimi decenni - ha aggiunto - parlano le ferite dell'Irpinia e della Basilicata, dell'Umbria, delle Marche, dell'Abruzzo, dell'Emilia Romagna, del Lazio".

Secondo Mattarella, i sindaci "rappresentano il riferimento primo che compongono il nostro Paese". "Questa zona - ha aggiunto - ha sollecitato l'intero Paese, per più aspetti a rinnovarsi - ha detto il Capo dello Stato - In prima fila, allora come oggi, gli istituti dello Stato e della Regione, ma, sul terreno, soprattutto i Sindaci e le amministrazioni locali, le parrocchie, i volontari di tante realtà. Il nostro ringraziamento, rinnovato, va a quanti ebbero parte nell'opera dei soccorsi, a quanti avviarono il processo di ripresa".

Davanti a Mattarella, il coordinatore del comitato dei sindaci, Nicola Catania, ha rivendicato la "dignità di un popolo", la spinta decisiva alla rinascita:  "Il Belice non è morto", anzi è riuscito a "rialzarsi dopo la catastrofe" ma lo Stato deve onorare i suoi debiti, ha affermato Catania.  E' una storia di sacrifici, impegno sociale, politico e culturale, lotte di tanti anni, caparbietà imprenditoriale. "Questa terra - ha detto ancora - oggi vuole mostrarsi come un insieme di bellezze naturali, di eventi culturali di alto spessore, di beni culturali di rara bellezza, innovative reti museali, rinomati percorsi enogastronomici e di un'offerta turistica di alta qualità"

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