In Cosa nostra lo chiamavano Ninì. Era l'uomo dei clan nel settore dei giochi e delle scommesse, un business a cui la mafia da tempo ha rivolto le sue attenzioni. Soldi sicuri e una gigantesca "lavatrice" usata per ripulire il denaro sporco. Benedetto Bacchi, imprenditore di Partinico, grosso centro del palermitano, arrestato oggi, aveva oltre 700 agenzie in tutta Italia. In Sicilia, grazie a Cosa nostra, lavorava quasi in regime di monopolio. Il suo ruolo è stato scoperto dalla polizia, coordinata dalla dda di Palermo, che l'ha arrestato insieme ad altre 30 persone accusate di mafia, riciclaggio, traffico di droga. A Bacchi si contesta, tra l'altro, il concorso in associazione mafiosa. Dell'imprenditore milionario parlano da tempo diversi pentiti. Il suo nome spunta anche nell'ultima indagine della dda che ha decapitato i clan mafioso di San Lorenzo-Resuttana. "Una parte di Cosa nostra - disse il procuratore aggiunto Salvo De Luca dopo quell'inchiesta - è convinta che non sia più tempo per le estorsioni. Troppi rischi. Meglio puntare tutto sul gioco e le scommesse. "Il gioco è stato sempre materia di interesse per le cosche, ma negli ultimi tempi, spiegano gli inquirenti, l'organizzazione ha avviato un progetto più strutturato". E, come evidenzia il blitz di oggi le cosche puntavano su Bacchi. L'imprenditore di Partinico è stato coinvolto anche in una inchiesta della Procura di Reggio Calabria che ha svelato come pure le 'ndrine avessero trasformato il mondo delle scommesse e dei giochi online in una gigantesca lavatrice di denaro sporco.
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