Piccolo è bello? Per Trump si, almeno quando si parla di bombe atomiche. Non è una battuta: il Pentagono ha elaborato una nuova (?) strategia “per la guerra nucleare limitata”, chiaramente concordata con la Casa Bianca. In sostanza, la filosofia dell’Apocalisse a stelle e strisce è molto semplice, al punto da aver già sollevato una marea montante di inquietudini. Secondo i novelli dottor Stranamore, che “consigliano” (si fa per dire) l’ex palazzinaro diventato Presidente degli Stati Uniti, le atomiche Usa sono troppo grosse per essere usate. Quindi il potere deterrente è paradossalmente limitato dalla loro forza, che darebbe il via a risposte e contro-repliche capaci di condurci all’olocausto e all’annichilimento reciproco. Mosca si dice «profondamente delusa»: "Siamo pronti a reagire di fronte all’impressionante grado di ostilità e all’orientamento anti-russo».
Una rivoluzione nella dottrina militare? Mica tanto. È una rispolverata al modello già elaborato dall’Unione Sovietica ai tempi epici del dopo-Breznev, quando i russi mangiavamo pane e kalashnikov e sognavano di “finlandizzare” l’Europa. Con gli SS-21 il Cremlino vaticinava una guerra nucleare tattica, confinata al campo di battaglia, che gli consentisse di arrivare al fatto compiuto: lo sfondamento lungo la linea dell’Elba per impossessarsi della Germania Occidentale e dei suoi tesori economici e tecnologici, piazzandosi, strategicamente, nel cuore dell’Europa. L’uso delle bombe restava limitato agli obiettivi bellici: era questa la chiave per arrivare (utopisticamente) a un olocausto “controllato” e per siglare perfino un accordo che sancisse la pace, evitando la reciproca distruzione. La Nato rispose con la Dottrina Reagan, sviluppando una linea d’impiego tattico dell’arma nucleare, da utilizzare su scala “regionale”, principalmente contro “hotspot” squisitamente militari.
Per un po’ il ricatto sovietico funzionò. I russi avrebbero voluto fare una guerra con le armi convenzionali, obbligando l’Occidente a subire non solo la minaccia dei missili intercontinentali a testata multipla, ma anche quella portata dalle atomiche “tascabili”, sui campi di battaglia. Stati Uniti ed Europa replicarono con l’installazione dei missili da crociera (i Cruise), molto più precisi ed efficaci degli SS-21. E la cosa finì lì. Fu forse, quella più di altre volte, l’occasione in cui venne dimostrata la validità dell’antico dettto romano “si vis pacem para bellum” (“Se vuoi la pace prepara la guerra”).
Dopo il fallimento di questo tentativo di mostrare i muscoli, Mosca optò per il principio di “saturazione”, con i suoi 45 mila mezzi corazzati, che avrebbero dovuto sfondare il fronte occidentale senza atomiche. Anche questa volta il Pentagono rispose, con una mossa che incenerì qualsiasi velleità di “guerra lampo”. Gli americani optarono per una controffensiva “radioattiva”, sviluppando un ordigno nucleare “pulito”, la bomba ai neutroni, in grado di sterminare gli equipaggi dei tank sovietici, senza danni devastanti per il territorio interessato. A Mosca, capirono l’antifona e finalmente realizzarono che tutti i miliardi di rubli dilapidati nella corsa agli armamenti forse sarebbe stato meglio impiegarli per sviluppare l’economia. Specie l’industria leggera, quella dei beni di consumo. Ma ormai era troppo tardi e, vista la dottrina sovietica da manicomio che veniva applicata ai vari settori produttivi (per non parlare di quelli distributivi), in pochi anni la “ditta” con la falce e martello fu costretta ad abbassare saracinesca e smontare le tende.
Ora Trump (o chi per lui) è tornato a tirare fuori dal cassetto il concetto di “guerra atomica limitata”. Trovata che appare di una pericolosità unica. E che, secondo alcuni analisti, non è diretta (come dicono gli americani) contro la Russia di Putin, con cui il Presidente Usa si divide pure il sonno. E nemmeno contro la Cina, che sta finanziando consumi e debito pubblico degli Stati Uniti. No, gratta gratta, sotto le varie “excusatio” non richieste del Pentagono per il giro di valzer strategico sul nucleare, spuntano il faccione e il taglio di capelli assassino di Kim Jong-Un. L’ultimo avviso ai naviganti rivolto alla Corea del Nord? Forse. Per fortuna, è ancora troppo presto per dirlo.