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Quella “primavera” che fiorì negli Usa

Quella “primavera” che fiorì negli Usa

Per i frequentatori dei cineforum degli anni 70 il nome di Milos Forman era già una garanzia per almeno due motivi. Il primo è che, ben prima del “forzato” approdo negli Stati Uniti il regista ceco (ancora nemmeno quarantenne) era già ammirato come prestigioso esponente della “Nova vlna”, quel movimento cinematografico così difficile da pronunciare in italiano per quell’accoppiata di consonanti del tutto inedite nella nostra lingua, che faceva scaturire le più improbabili enunciazioni verbali nei “doverosi” dibattiti al termine delle proiezioni. Altro non era, la “Nova vlna”, che la nuova onda del cinema cecoslovacco, così definita in onore della “madre” di tutte le onde registiche, la “Nouvelle vague”. E pressoché contemporanea all’affermazione del “Nuovo cinema tedesco”.

Forman svettava sugli altri registi suoi connazionali (come Ivan Passer, Jiri Menzel, Vera Chytilova) almeno per quel gioiellino intitolato «Gli amori di una bionda» che, nel 1965 a dispetto dell’imperante “Guerra fredda”, aveva ottenuto la nomination a Hollywood, sebbene realizzato in un Paese al di là della “Cortina di ferro” che tuttavia aveva sagacemente scelto di investire parecchio nella propria cinematografia nazionale. Il secondo motivo per seguire la (futura) filmografia di Forman era quello di verificare il suo “impatto” con gli Stati Uniti. Già era materia di studio la “perdita” per la cultura europea di illustri registi (come Fritz Lang e Billy Wilder) “adottati” dagli Usa per sfuggire al nazismo.

Con Forman negli anni 70 c’era l’occasione di assistere “in diretta” al suo obbligato addio all’Europa, stavolta a causa del comunismo (il caso di Polanski è alquanto differente). E verificare quindi la sua compatibilità con la sua nuova patria statunitense, che è anche la patria del capitalismo. I risultati, capolavoro dopo capolavoro, sono davanti agli occhi di tutti: Forman non ha potuto vedere realizzata la “primavera” a Praga, ma ha regalato al mondo l’eterna primavera di un grande cinema d’autore.

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