– Valeria, è sempre forte il suo legame con la Sicilia?
«Assolutamente sì. Un rapporto mai interrotto, anche se a Modica ho vissuto solo pochi anni. Ma lì continua a vivere mio padre e di lì è originaria mia mamma. Con la Sicilia – aggiunge la Solarino – ho un legame d’amore, di amicizie e di indelebili ricordi».
– L’abbiamo vista in due film molto belli, usciti a distanza di poche settimane: dopo “A casa tutti bene” di Muccino, adesso è in programmazione “Quanto basta”.
«Sono felice di aver partecipato a due opere parecchio differenti, che sono piaciute tanto. La realtà di “Quanto basta” mi ha fatto apprezzare le piccole grandi cose: come la fatica di riuscire a ottenere un giorno in più per girare. E poi la tematica sulla diversità mi ha colpito e arricchito. Il set con Muccino ha creato, invece, un’atmosfera bellissima e una unione tra attori e, soprattutto, attrici incredibile. Tutti insieme a Ischia per due mesi, perché così ha voluto la produzione, con una sintonia umana e professionale rara. E splendido è stato il delicato ruolo del regista e come ha lavorato con noi. In ogni momento delle riprese ha fatto sentire tutti importanti e parte integrante di un’unica cosa. Siamo stati una squadra».
– Il Sud protagonista della sua carriera: il debutto con il calabrese Mimmo Calopresti, il premio “Pasinetti” vinto con “Valzer” di Salvatore Maira.
«Il Sud che ritorna spesso nella mia vita, una terra meravigliosa per girare e interpretare film e che continua a regalarmi gioie».
– E in estate a Siracusa c’è il “Palamede” di Alessandro Baricco.
«Uno spettacolo che riprendiamo in estate, poiché ha bisogno di spazi e ambientazioni particolari, che ha avuto successo su Sky Arte e che verrà ospitato dal Festival del Teatro Greco».
– Bene, ora parliamo di cose “serie”. La passione per il tennis quando e come è esplosa?
«Alcuni anni fa, nella casa al mare ho trovato nella mia libreria “Open”, l’autobiografia di Andre Agassi, lasciata chissà da chi. Di tennis sapevo poco, anche se la mia tv nelle finali dei migliori tornei era sempre accesa. Mi sono innamorata principalmente del romanzo che mi ha fatto capire quanto lo sport abbia potuto cambiare la vita di una persona. E così mi sono avvicinata più per curiosità, ospite di Max Giusti e di un circolo, dove, tra l’altro, sto andando a giocare adesso. La scintilla è scoccata subito e da q uel giorno è stato amore folle».
– All’inizio più giocatrice o più spettatrice?
«Giocatrice. Non lavoravo tanto, il periodo non era dei migliori ed io pensavo solo al tennis. Una disciplina meravigliosa, che richiede la massima concentrazione e l’obbligo di esserci sempre con la testa. Uno sport salutare che in quella fase della mia vita mi ha ricaricato, regalandomi energia e lucidità. Stavo in pace con me stessa. Splendide sensazioni che continuo a provare».
– E assistere a un torneo dalla tribuna com’è?
«Bellissimo, ma ben altra cosa rispetto a giocare. È appena cominciata la parte della stagione per me più interessante, sulla terra rossa, senza fusi orari e senza la necessità di puntare la sveglia alle 4 del mattino per seguire gli Australian Open. E quando gli impegni me lo consentono, giro l’Europa vivendo emozioni uniche: sono stata cinque volte a Wimbledon, quattro al Roland Garros, ho assistito alle Finals di Londra ed alla Coppa Davis».
– Valeria, lei non si è fatta mancare proprio nulla: conduttrice con Max Giusti di un programma su Supertennis e spesso ospite, non solo del canale della federazione, ma anche di Sky Sport.
«Esperienze che mi hanno esaltato e che rifarei in qualsiasi momento, pur riconoscendo che la mia competenza non è al top. Ho fatto ricredere pure mia madre che riteneva che parlare di tennis in televisione fosse una perdita di tempo da evitare. Ha capito, invece, quanto sono felice e quanto sia gratificante. Inoltre seguo con attenzione – e mi mancano quando assisto agli incontri dal vivo – le analisi dei commentatori tecnici. Su tutti Filippo Volandri per la sua capacità di spiegare i colpi e di entrare nella testa degli ex colleghi».
– Sono vicini gli Internazionali di Roma, il “suo” torneo.
«Li aspetto come i bambini il Natale, non vedo l’ora. Mi sono innamorata del tennis alla vigilia di un’edizione romana. Entravo al Foro Italico la mattina e andavo via al termine del secondo match della sessione serale: dodici ore consecutive in un luogo magico, senza stancarmi».
– Quali campioni del passato l’hanno maggiormente affascinata ?
«Adriano Panatta, un vero personaggio. Che ho avuto il piacere di conoscere e che stimo per la personalità che ha sempre mostrato. Sono andata a rivedere i filmati delle partite più importanti che ha giocato: l’Italia – quando ha trionfato a Roma, Parigi e in Coppa Davis – è stata esaltata dalle imprese di un fuoriclasse dello sport. Di recente al cinema ho visto “Borg McEnroe” e mi hanno impressionato, oltre alle indiscutibili qualità tecniche, il carattere dell’americano, con le sue scenate e i teatrini. L’ho trovato fantastico. E mi dispiace non aver vissuto da vicino quell’epoca. Oggi un po’ mi ricorda Kyrgios, che però può permetterselo decisamente meno di McEnroe. Ma io, giocando, li comprendo: bisogna fare davvero uno sforzo per controllarsi, per impedire che dopo un punto sbagliato saltino i nervi...»
– Mi racconta il divertente incontro di qualche anno fa con Roger Federer a un evento promozionale?
«Roma, festa del suo sponsor. Io non avevo mai chiesto autografi a nessuno. Ma stavolta dovevo farlo per mio nipote che lo adora. E poi era talmente bello vederlo lì, a pochi metri da me. Mi sono avvicinata, ho scambiato tre parole, prima di lanciarmi in questa dichiarazione: “Sai, Roger, io gioco il rovescio a una mano in tuo onore”. Lui mi guarda con un’espressione del tipo: “Questa è pazza, ma cosa sta dicendo”. Stop. Al mio ritorno in campo, ho iniziato a provare il rovescio a due mani, tiravo anche più forte. Però mi son detta: non posso tradire Federer dopo quella mia rivelazione... E così continuo a giocarlo a una mano».
– Federer mito senza tempo.
«Dal vivo è un’esperienza magica, un dono eccezionale dello sport. Ovviamente gioca per sua soddisfazione, ma secondo me è anche spinto dalla generosità nei confronti degli appassionati che lo amano e che farebbero qualsiasi cosa pur di vederlo in campo ancora a lungo».
– Da circoletto rosso le parole riservate a “King Roger” da una tifosa di Nadal...
«Adoro Rafa. Un fenomeno che ha avuto la grande forza mentale di tornare al vertice. Nel tennis il tifo non mette mai contro e i giocatori sono spesso amici come ha confermato la “Rod Laver Cup” che ha visto insieme Nadal e Federer. C’è rispetto per l’avversario e le fazioni stupide che mi fanno arrabbiare non riguardano questo sport. I grandi interpreti sono come i ballerini della Scala, vere opere d’arte. Del resto cosa scriveva Foster Wallace? “Il tennis come esperienza religiosa”».
– Dall’apice al crollo: cosa pensa di Nole Djokovic che a Montecarlo, finalmente, sta offrendo qualche segnale di confortante ripresa?
«I momenti di down sono comprensibili nell’intensa carriera di un campione come il serbo, che sono sicura tornerà ad altissimi livelli. Con pazienza, può ripetere lo stesso cammino di Federer e Nadal, che hanno dovuto superare, soprattutto lo spagnolo, continui infortuni. Dello svizzero si diceva che non avrebbe vinto più Slam e invece ne ha aggiunti tre in 12 mesi, toccando quota 20. Ed a quasi 37 anni non ha certo finito di stupire».
– La rinascita di Del Potro come una favola.
«Un esempio che va al di là dello sport. Non riusciva a tenere neppure la racchetta in mano. È il caso di dire che non è mai finita e con umiltà l’argentino è rientrato nei primi 10. E che brividi quando i tifosi lo osannano».
– Stan Wawrinka è il mio di idolo...
«Quando ha battuto Djokovic al Roland Garros io ero in tribuna a tifare per lui. Ho ancora negli occhi il punto di rovescio, con la pallina che passa accanto alla rete. Una magia. Ha però avuto la sfortuna di competere nell’era di Federer e quindi di vivere nella sua ombra. Ma un tennista che vince tre Slam è nella storia».
– E il tennis italiano? Con il ritiro della Pennetta si è conclusa l’epopea in rosa...
«Mi dispiace che Flavia abbia smesso di giocare. L’ho conosciuta, la seguo su Instagram e quando vedo che si allena, magari per mantenere la forma fisica, spero in un suo ritorno. Che non avverrà perché ora è una mamma felice. Con la sua presenza ha dato stabilità a Fabio Fognini che gioca veramente bene, ma non ha la continuità di rendimento (come ha dimostrato pure ieri a Montecarlo, perdendo male contro Struff, ndc) per essere stabilmente nella Top Ten».
– Valeria in questo 2018 compirà i suoi primi 40 anni: come sono stati?
«Artisticamente molto belli. Ho lottato per raggiungere i miei traguardi: provini, incontri, studio, tanta preparazione. Grandi sono state le soddisfazioni rispetto alle scelte che ho fatto. E poi c’è l’amato tennis che mi dà la forza per migliorare sempre».
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La storia
Una passione travolgente per la racchetta
giocatrice, spettatrice simpatica commentatrice
Una delle più brave attrici italiane, con la passione travolgente per il tennis. Parlerebbe solo di questo, non finirebbe mai. Onnivora della racchetta. Giocatrice, spettatrice, commentatrice d’eccezione. Competente e ironica. E grande tifosa di Nadal.
Valeria Solarino, nata in Venezuela, metà siciliana (i genitori sono di Modica) e metà di Torino, città dov’è cresciuta, negli ultimi anni ci ha abituato ad apprezzarla non solo nelle sale cinematografiche, in televisione o su un palcoscenico, ma anche sui campi. Preferibilmente in terra rossa. Ne è, così, venuta fuori, quando all’orizzonte c’è la 75ª edizione degli Internazionali d’Italia, una divertente e curiosa conversazione.