Kim Jong-Un, in versione pacifista, ha annunciato che la Corea del Nord fermerà i test nucleari e missilistici. «Non ce n’è più bisogno – ha detto il giovane e autoritario leader del Paese più blindato del mondo – perché abbiamo dimostrato a tutti quello che sappiamo fare». Gli ha fatto subito eco Trump, con il suo solito intervento su Tweeter. «È una buona notizia – ha risposto il Presidente americano – non vedo l’ora di incontrarlo». Sorpresa? Manco per niente. Chi segue da vicino la pericolosa crisi coreana aveva già da tempo pronosticato questa svolta. Che ha un nome e un cognome preciso: la Cina. E, a seguire, altri annessi e connessi di non poco conto, come la ventata protezionistica che squassa l’America trumpiana, la questione dei dazi doganali, il pesante deficit della bilancia commerciale statunitense, l’inarrestabile avanzata del bulldozer economico cinese e, last but not least, le elezioni di “mezzo termine” per il Congresso Usa. Bene. Mettete tutti questi ingredienti nel frullatore diplomatico, attaccate la spina e vedrete che il drink finale avrà il faccione sorridente di Kim. Finalmente convinto dai suoi “patrons” di Pechino a stare a cuccia e a fare le feste, lui che era idrofobo. Il leader nordcoreano ha persino fatto sapere che chiuderà anche il sito nucleare di Punggye-ri. anche se, per la verità, non ci vorrebbe tanto, dato che i precedenti test pare lo abbiano fatto crollare per tre quarti. Miracolo? No, solamente ragion di Stato o, per dirla più terra terra, vile pecunia frammista ad altri interessi diffusi. Oggi la Cina rischia di stritolare tutte le economie del pianeta, lasciando dietro di sé una scia fumante di macerie. Cioè, quello che resta dei sistemi-Paese rovinati dall’astronomica e inarrestabile produttività esibita dagli omini con gli occhi a mandorla. Ma c’è un legame tra la sparata sulle “gabelle” Usa, le botte da orbi nel campo dei dazi doganali e la giravolta pacifista di Kim, che sta facendo riempire di lacrime i fazzoletti degli ambasciatori occidentali? Sicuro. C’è un “algoritmo” diplomatico che mette assieme tutto e che fonde gli interessi di tutti. Trump vuole recuperare terreno ed evitare l’impeachment per il Russiagate (incontrerà presto anche Putin), cercando successi (e consensi) in politica estera. Una delle chiavi fondamentali di questa strategia è quella di controllare il Congresso e, quindi, vincere le elezioni di “mezzo termine”. Difficile, con i chiari di luna attuali, ma non impossibile. D’altro canto, l’attacco missilistico in Siria, basato sul niente, aveva principalmente questo obiettivo. Il problema di fondo però, per la Casa Bianca, è il deficit della bilancia commerciale e le strategie migliori per metterci una pezza. La mossa protezionistica non porta da nessuna parte e rischia solo di scatenare la terza guerra mondiale… commerciale con il pianeta. L’obiettivo vero del suo azzardo (perché di questo si tratta) è però togliere ossigeno e lanciare un avvertimento, soprattutto a Pechino. Ma siccome in Cina sono eredi di Lao-Tzu, Confucio e di un’altra bella sfilza di cervelloni, la sfida da “guappo” del Presidente americano rischia di trasformarsi in un boomerang, perché Xi Jinping, gran capo del colosso asiatico, sa come fargli ballare il terreno sotto i piedi. E infatti si è chiamato a corte Kim Jong-Un e ha ricordato al mondo che gli unici in grado di far ragionare il nordcoreano, costringendolo a stipare bombe atomiche e missili balistici nel freezer, sono proprio i cinesi. Un “appeasement” con Kim consentirà agli Stati Uniti (e a Giappone e Corea del Sud) di risparmiare un sacco e una sporta di dollari, altrimenti destinati a essere bruciati in “sicurezza”. Leggasi armi, logistica, truppe e addirittura, “guerre preventive”, cioè avventure che si cominciano, senza sapere dove poi si vada a finire. A Seul l’hanno capito al volo e infatti tra una settimana si terrà il vertice tra il Presidente Moon Jae-In e Kim, sotto la regia di Pechino e la supervisione degli Stati Uniti. Il dittatore coreano che ci guadagna? Beh, gli spifferi di corridoio dicono che Xi Jinping, gran capo dell’impero cinese con la falce e martello, gli abbia garantito lunga vita. A lui e al suo regime. Inoltre gli americani, pur di togliersi questo macigno dallo stomaco, si faranno capi-cordata di un programma di aiuti finanziari generosamente sostenuto anche da Seul e Tokio, per consentire ai nordcoreani di uscire da una carestia strutturale, che sta facendo morire letteralmente d’inedia patria e patrioti.