"Lo scopone scientifico'' è un gioiello della commedia all'italiana, diretto nel 1972 da Luigi Comencini. La sceneggiatura di Rodolfo Sonego immagina che il "borgataro" Alberto Sordi si ritrovi a giocare, in coppia con la moglie (Silvana Mangano) , a scopone scientifico a casa di una ricchissima americana molto anziana (Bette Davis) e col suo segretario (Joseph Cotten). La fortuna arride allo “stracciarolo" che, anche con un pizzico di bravura, riesce a vincere molte partite.
Ma, qui è il tocco di genio della sceneggiatura, la miliardaria può disporre di un capitale pressoché illimitato e propone di giocare con puntate al raddoppio. La teoria della probabilità indica che bisognerebbe affidarsi a un calcolo stocastico (termine tecnico, dall’assonanza insidiosa). La pratica - fuori dall'infinito matematico - insegna che il raddoppio a un certo punto finisce in un unico modo: con la vittoria di chi dispone di maggiori risorse.
Questo racconta quel bel film. Fuori di metafora, si assiste ora a uno scopone scientifico molto reale. Di Maio potrebbe essere, anche fisionomicamente, un giovane Alberto Sordi. Sta vincendo, ma sembra essere lui a proporre le puntate al raddoppio. Per fare un governo, chiede che la coalizione di centrodestra si smembri, lasciando fuori un partito (Forza Italia) e poi un altro (Fratelli d'Italia). E chiede di nuovo, dopo un apparente passo indietro, d'essere lui il premier. Questi continui rialzi di posta soprattutto da quando qualcuno gli ha fatto notare che l'unico in grado di ostacolare seriamente un eventuale governo MSS-Lega resta sempre il «male assoluto» Berlusconi, il vero antagonista nello “scopone politico", ora anche totalmente riabilitato. Forse il pentastellato non s’avvede che se pure dovesse spuntarla sulla premiership probabilmente sarebbe necessaria un'altra puntata al raddoppio e poi un’altra e un’altra ancora. E questo centrodestra, con Berlusconi così... rifocillato, può raddoppiare a oltranza.
La gran parte degli italiani non si raccapezza più sulle priorità dei vincitori delle elezioni: il problema, ad esempio, di Di Maio è ammettere o non ammettere un'altra componente nell'esecutivo? O realizzare qualcosa di positivo per la collettività? Non dovrebbe dimenticare, il giovane ««candidato premier con 11 milioni di voti», che si trova in partita perché glielo hanno consentito, con le più disparate motivazioni, milioni di elettori, soprattutto meridionali.