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Il tycoon, la politica schizoide e le “influenze” straniere

Il tycoon, la politica schizoide e le “influenze” straniere

Oltre 50 morti, circa 2 mila feriti e l’intero popolo della Striscia di Gaza in subbuglio, come non si era visto da molti anni. Se non è guerra questa, poco ci manca. A chi dobbiamo mettere in conto un simile macello, che sta portando sull’orlo di una crisi di nervi una regione già stressata da conflitti atavici? Gratta gratta, da sotto la vernice spunta il faccione, con tanto di capigliatura stroboscopica, del Presidente americano Trump. In un paio di settimane ha rovinato gli otto anni di paziente lavoro di ricucitura fatto da Obama: ha stracciato l’accordo sul nucleare con l’Iran, rinfocolando il confronto tra sunniti e sciiti; ha trasferito l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, resuscitando al Qaida, rincollando i cocci che restano dell’Isis e, praticamente, sputando in faccia a ogni palestinese degno di questo nome; ha attaccato con i missili quattro sgabuzzini da caserma del siriano Assad (per sfidare indirettamente gli ayatollah); e ha stretto un patto di ferro con coloro che hanno da sempre finanziato, sottobanco, il terrorismo wahabita (i sauditi). Basta? No, non basta. Perché di questo passo il peggio deve ancora venire. La politica estera della Casa Bianca ha una logica schizoide, una coerenza squinternata e sembra elaborata con la sobrietà di uno che esce da una cantina sociale. A volte sembra proprio che le sue scelte all’estero siano quasi “obbligate”. Più di un analista vede in trasparenza forzature difficilmente comprensibili. Tutto lascia pensare che, da qualche parte, potrebbero avere le informazioni giuste per tenerlo sotto scopa. Ricattandolo? Magari no. Ma “influenzandolo” forse sì. Messa in questo modo, si spiegherebbero tante cose.

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