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Le monache di clausura potranno usare i social

Le monache di clausura potranno usare i social

Telefonini e social, computer e tv: per le monache di clausura non c’è una proibizione totale ma tutto va usato «con sobrietà» per non rompere quel silenzio e quella vita contemplativa che è stata scelta. Sono le indicazioni del Vaticano contenute nell’Istruzione “Cor Orans”, redatta dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, e approvata da Papa Francesco.

Anche le suore di clausura, oggi 37.970 in tutto il mondo («non poche, considerata la crisi delle vocazioni», ha notato mons. José Rodriguez Carballo, segretario della Congregazione), possono dunque accedere ai media e utilizzare i social, ma con l’attenzione a non «svuotare il silenzio contemplativo» riempiendo «la clausura di rumori, di notizie e di parole». «Tali mezzi pertanto devono essere usati - indica il Vaticano a tutti i conventi - con sobrietà e discrezione, non solo riguardo ai contenuti, ma anche alla quantità delle informazioni e al tipo di comunicazione, affinché siano al servizio della formazione alla vita contemplativa e delle comunicazioni necessarie, e non occasione di dissipazione o di evasione della vita fraterna». Quindi «l’uso dei mezzi di comunicazione, per motivo di informazione, di formazione o di lavoro, può essere consentito nel monastero, con prudente discernimento, ad utilità comune». Le indicazioni arrivano in un contesto in cui, nemmeno dietro le grate, è possibile fare a meno completamente del rapporto con il mondo. Diverse sono le suore che fanno utilizzo dei social, da Twitter a Facebook, per citare i più gettonati. Ci sono anche interi conventi che attraverso il web raccolgono le intenzioni di preghiera, fanno un’opera di sostegno spirituale, diffondono le loro iniziative, anche di tipo economico (dalla confezione di dolci alla realizzazione di rosari) per il mantenimento dei conventi. Ci sono per esempio le Clarisse eremite di Fara Sabina presenti su Fb anche per invitare i pellegrini alle loro cene monastiche, dove i pasti si consumano rigorosamente in silenzio e in ascolto delle letture sacre. Oppure le carmelitane basche di Hondarriba, della diocesi di San Sebastian, che recentemente hanno fatto parlare il mondo per la loro solidarietà alla ragazza stuprata dal branco a Pamplona.

Un’apertura al mondo, ma sempre con misura. Nelle indicazioni diffuse dal Vaticano ci sono, per esempio, anche quelle relative alle strutture dei conventi. Via le grate? No grazie. «La modalità della separazione dall’esterno dello spazio esclusivamente riservato alle monache deve essere materiale ed efficace, non solo simbolica o spirituale», chiarisce la “Cor Orans”.

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