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Premier "terzo" o terzo premier?

Chi è Giuseppe Conte

Un premier «politico». Insiste sul punto, Di Maio, col piglio di chi sa che l’aggettivo non risponde esattamente al vero. Il professor Giuseppe Conte, per apprezzabile Dna e storia personale, odora troppo di tecnico, e gli italiani – tutti – lo sanno bene. La stragrande maggioranza dei cittadini, fino a qualche giorno fa, non ne conosceva nemmeno il nome. E Di Maio capisce che alcuni elettori cinquestelle potrebbero sentirsi traditi: sì, sta succedendo daccapo, sarà un tecnico – sempre che il Presidente Mattarella sia d’accordo – a guidare il governo e il Paese. Il «candidato premier» del M5S deve accontentarsi di un “superministero”: lui e Salvini, la cui alleanza è nata dopo l’esito del voto, hanno infatti fallito sulla “sintesi” più difficile. Io metto il veto su di te, tu su di me: quindi al timone né l’uno né l’altro ma un “terzo”. Certo, Conte è d’area pentastellata, ha anche un passato a sinistra, e la Lega – in cambio di un paio di ministeri pesanti – se l’è fatto piacere. Ma di «politico» – nel senso correntemente mediocre con cui viene utilizzato l’attributo – Conte ha veramente poco, né poteva essere altrimenti visto che dovrà rivestire un ruolo “di garanzia” per i due principali azionisti del nascente governo.

Non potrà essere, il professor Conte, giurista con un curriculum di diciotto pagine, semplicemente un “esecutore”, né sarebbe bello – in una democrazia protetta da una lungimirante Costituzione – pensare che dovrà, prima d’ogni micromovimento, consultarsi con chi gli ha donato, preferendolo ad altri “sconosciuti”, la poltrona più pesante di Palazzo Chigi. Il premier “terzo”, quindi, sarà presto il terzo premier: peraltro l’unico del triumvirato a non essere stato votato dagli italiani ma quello, almeno sulla carta, con maggiori poteri.

L’Occidente ci guarda. Incuriosito e non solo. Discutibili, certamente, le “intrusioni” dall’estero, ma forse nel 2018 – con buona pace dei sovranisti – andrebbe riscritto il concetto di estero. Fatto sta che le agenzie di rating hanno rimesso l’Italia nel mirino e lo spread ieri ha chiuso a 186,5. A pesare è stato un report di “Fitch”, secondo cui il contratto di governo M5S-Lega è incoerente con l’obiettivo affermato di ridurre il debito pubblico, in quanto «i presunti effetti espansivi della flat tax, del reddito di cittadinanza e della “revisione” della riforma Fornero non vengono controbilanciati in modo serio». In realtà, nessuno s’offenda, la girandola di sgravi, incentivi e altre mirabilia che sono nel “contratto” non è supportata da credibili coperture finanziarie. Ieri il Salvini istituzionale, dal Colle, si è sperticato in rassicurazioni all’Europa, e Di Maio ha chiesto “umilmente” ai giornalisti di farlo quantomeno partire, questo benedetto governo, prima di giudicarlo. Ebbene, stamane i presidenti della Camera e del Senato, riconvocati da Mattarella, torneranno al Colle e si conosceranno le intenzioni del Capo dello Stato. Se davvero Conte riceverà l’incarico, è soprattutto in lui che confidiamo: il terzo premier. Non gliel’ha chiesto il popolo di condurre la nave, ma – ci spiace per Di Maio – spetterà a lui. E vorrà evitare al Paese avventure rovinose in mari ignoti (forse non è chiaro a tutti quanto siano ignoti).

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