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Chi governa non dimentichi il Mediterraneo

Chi governa non dimentichi il Mediterraneo

Un dossier che dovremmo tutti imparare a memoria, sicuramente chi ci governa: è il quinto rapporto “Italian maritime economy”, elaborato dal centro studi Srm del Gruppo Intesa San Paolo. Il Mediterraneo, quel mare che abbraccia l’Italia rendendola un hub naturale, sempre più si conferma via strategica del commercio mondiale. Il raddoppio del canale di Suez (nel 2017 lo hanno attraversato 17.550 navi!), gli investimenti della Cina che dopo il Pireo e Zeebrugge ha “conquistato” il porto di Valencia, le Zone franche, sono il propellente di un dinamismo che appare inarrestabile. I numeri sono la promessa per il nostro Paese di uno sviluppo economico a doppia cifra, che interesserà tutti i porti del sud Europa e del nord Africa in grado di organizzarsi.

Il governo nazionale ha ben chiara questa opportunità? Sicuramente Trieste, Genova e Venezia sono al centro dell’attenzione al fine di intercettare parte dei flussi di merci Made in China, una ricchezza enorme: 780 miliardi di dollari di esportazioni e 570 di importazioni. Solo il nostro Paese ne ha movimentate via mare per 30 mld di euro. Ciò ha stimolato investimenti in infrastrutture stradali, marittime, aeroportuali e ferroviarie per 1.400 miliardi di dollari.

Sicilia e Calabria sembrano essere fuori da ogni programmazione nazionale. Spendere soldi in opere pubbliche vitali per il futuro delle giovani generazioni è da tempo un’utopia. Che fine ha fatto il famoso corridoio Palermo-Berlino-Kiev? L’Ue aspetta e... spera in un cenno del Governo italiano. Il Ponte sullo Stretto? Una bandiera da sventolare nei periodi elettorali. Le ferrovie? Non sia mai che qualcuno pensi di fare arrivare i treni ad alta velocità fino a Palermo. Le autostrade? A parte il miracolo della rinata Salerno-Reggio, il Consorzio autostrade siciliane non dev’essere liquidato (sarebbe lesa maestà!), nonostante gestisca due trazzere costellate di eterni, pericolosi microcantieri. I porti? Ci sono, ma perché attrezzarli o, addirittura, pensare alle Zone economiche speciali?

Siamo condannati al sottosviluppo. Colpa nostra, ignavi e rassegnati, e di governi nazionali che gli investimenti per lo sviluppo hanno preferito farli al Nord. Certo rendono meglio in termini di costi-benefici, ma relegano ai margini una parte importante del Paese. Il Mezzogiorno è una straordinaria potenziale piattaforma logistica, ma occorre fare partire le Zone economiche speciali, l’intermodalità e la logistica integrata con le realtà produttive territoriali, tenuto conto che il 63% dell’import-export si realizza via mare: ben 53 miliardi l’anno. A ciò si aggiunga la movimentazione di petrolio e raffinati: il 47% sul totale nazionale.

Numeri importanti, che potrebbero crescere in maniera esponenziale con una politica d’investimenti lungimirante. In favore del Sud, ma con effetti benefici per l’Italia intera.

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