Martedì 26 Novembre 2024

Di Maio: "Colpo al job act" ma Confindustria lo boccia

Di Maio: "Colpo al job act" ma Confindustria lo boccia

"Sono particolarmente lieto come presidente di questo governo del fatto che il primo decreto approvato in materia sociale sia sul recupero della dignità dei lavoratori e delle imprese". Lo afferma il premier, Giuseppe Conte, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi dopo l'approvazione del dl dignità.  "Ovviamente questo governo non è in contrasto col mondo imprenditoriale, - ha puntualizzato il vicepremier -anzi adotteremo anche misure per favorire la crescita economica, vogliamo una sana alleanza col mondo del lavoro e imprenditoriale ma vogliamo contrastare le iniziative ingiustificate" come chi se ne va dopo aver beneficiato degli aiuti pubblici. 

Il decreto dignità - ha detto il ministro Luigi Di Maio - si basa su "tre concetti: diamo un colpo mortale al precariato, licenziando il Jobs Act; diamo un colpo mortale alla parte più insidiosa della burocrazia, per cui ci diranno che vogliamo favorire gli evasori quando vogliamo favorire i cittadini onesti; siamo il primo Paese in Ue che dice stop al gioco d'azzardo e diciamo no alle multinazionali che vengono qui, prendono soldi e delocalizzano".

Ma confindustria boccia il provvedimento. Il decreto Dignità è "il primo vero atto collegiale del nuovo Esecutivo" e, "anche per questo, è un segnale molto negativo per il mondo delle imprese". E' la dura presa di posizione di Confindustria secondo la quale "il risultato sarà di avere meno lavoro, non meno precarietà" e "preoccupa anche che siano le imprese a pagare il prezzo di un'interminabile corsa elettorale all'interno della maggioranza e che si creino i presupposti per dividere gli attori del mercato del lavoro, col rischio di riproporre vecchie contrapposizioni". "Come abbiamo sempre sostenuto - afferma Confindustria - sono infatti le imprese che creano il lavoro. Le regole possono favorire o scoraggiare i processi di sviluppo e hanno la funzione di accompagnare i cambiamenti in atto, anche nel mercato del lavoro. Si dovrebbe perciò intervenire sulle regole quando è necessario per tener conto di questi cambiamenti e, soprattutto, degli effetti prodotti da quelle precedenti". "Il contrario di ciò che è avvenuto col decreto "dignità" - prosegue la nota - Mentre infatti i dati ISTAT raccontano un mercato del lavoro in crescita, il Governo innesta la retromarcia rispetto ad alcune innovazioni che hanno contribuito a quella crescita. Peraltro, le nuove regole saranno poco utili rispetto all'obiettivo dichiarato - contrastare la precarietà - perché l'incidenza dei contratti a termine sul totale degli occupati è, in Italia, in linea con la media europea. Il risultato sarà di avere meno lavoro, non meno precarietà. Preoccupa anche che siano le imprese a pagare il prezzo di un'interminabile corsa elettorale all'interno della maggioranza e che si creino i presupposti per dividere gli attori del mercato del lavoro, col rischio di riproporre vecchie contrapposizioni. Valutazioni analoghe anche per la stretta in tema di delocalizzazioni. L'Italia è un grande Paese industriale, la seconda potenza manifatturiera in Europa dopo la Germania, e avrebbe bisogno di regole per attrarre gli investimenti, interni ed esteri. Quelle scritte ieri, invece, gli investimenti rischiano di disincentivarli". "Sia chiaro - sostiene Confindustria - colpire duramente i comportamenti opportunistici di chi assume un impegno con lo Stato e poi non lo mantiene è un obiettivo che condividiamo. Ma revocare gli incentivi per colpire situazioni di effettiva distrazione di attività produttive e di basi occupazionali dall'Italia è un conto; altro è, invece, disegnare regole punitive e dalla portata tanto ampia quanto generica". "L'unico denominatore comune delle scelte fatte in tema di lavoro e delocalizzazioni - conclude la nota - è di rendere più incerto e imprevedibile il quadro delle regole in cui operano le imprese italiane: l'esatto contrario delle finalità di semplificazione e snellimento burocratico dichiarate dal nuovo Governo all'atto del suo insediamento". 

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