Il cosentino Funari, sopravvissuto al dramma dell'Heysel: “Mai vista tanta folla in vita mia”
Otto anni fa rilasciò un'intervista a Gazzetta del Sud Franco Funari, all'epoca presidente del Comitato provinciale della Figc di Cosenza. Una persona come poche ma anche un... sopravvissuto. Già perché in quel maledetto 29 maggio di 37 anni fa c'era anche lui.
Articolo tratto dall'edizione di Gazzetta del Sud del 6 giugno 2014
Se ci fosse un premio alla bontà lo vincerebbe ogni anno. Per distacco. Difficile, al giorno d’oggi, incrociare un dirigente di calcio competente, disponibile e innamorato della “materia”. Franco Funari, presidente del Comitato provinciale della Figc è così da sempre. Anche quando non ricopriva incarichi federali. Oggi come ieri, Funari non fa mai mancare gli applausi ai vincitori e un abbraccio paterno a chi la coppa più prestigiosa se la vede sfilare sotto il naso.
Quel maledetto giorno
L’amore per il calcio, però, poteva costar caro all’esperto dirigente cosentino, reduce dalla mattanza dell’Heysel. Una calca di carne e ossa a rimpiazzare l’esile muretto di separazione del famigerato settore “Z”. La stessa lettera che campeggiava sui biglietti acquistati, prima della finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool del 29 maggio 1985, da Franco Funari e dal figlioletto Alessandro. «L’atmosfera era surreale», racconta il numero uno del Comitato provinciale della Figc, «già molto prima del fischio d’inizio. Fummo impressionanti dalla folla che si accalcava nei pressi dell’ingresso del nostro varco e cercammo di trovare un biglietto di diversa natura. Poi, temendo di venire aggirati con tagliandi falsi last-minute, optammo per rimanere nel settore “Z”. Intanto, centinaia e centinaia di persone entravano da una porticina, molti senza alcun controllo. Mai vista tanta gente».
Mancava un'ora all'inizio della partita
Questioni di minuti, prima che si scatenasse il putifero, a poco più di un’ora dal fischio d’avvio. «Una bottiglietta di vetro proveniente dal settore degli inglesi mi colpì in testa e iniziai a sanguinare copiosamente, ma per evitare di impressionare mio figlio preferii tamponare con un fazzoletto. Nel frattempo, un gran numero di spettatori si accalcava verso la parte bassa del settore. Fui tentato di seguirli ma poi pensai a mio figlio e al rischio di perderlo nella folla e rimasi agganciato a una ringhiera, proteggendo Sandro. Un poliziotto mi chiese se volevo lasciare che mio figlio andasse con lui: scossi la testa e gli dissi con decisione “Sandro resta con me”. Poi, mi portarono in ospedale per suturare il taglio in testa. La trasferta belga mi costò tre punti, ma sarebbe potuta essere letale».
Una ferita che non si rimarginerà mai
In ogni gara di Champion’s la mente di Funari vola a quel 29 maggio. «Durante il prepartita della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina ho avuto i brividi. Sembrava di rivivere quei momenti. Ogni match della vecchia Coppa Campioni mi ricorda l’Heysel. Provai disgusto a udire i tifosi inglesi sghignazzare di fronte alla corsa dei supporter bianconeri verso il muro che poi si sarebbe rivelato della morte. Non era calcio. Le strutture non si prestavano affatto a un evento di quella portata. Passammo la notte a cercare i nostri amici che nel frattempo erano già rincasati. Avevo promesso a mio figlio di portarlo alla finale della sua Juventus. L’amore per Sandro ha salvato la mia vita. E soprattutto la sua». di Vittorio Scarpelli