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Quando le partite “vere” si giocano al Mondiale ma... fuori campo

I calciatori dell'Iran non cantano l'inno per protesta

Questi Mondiali di calcio in corso in Qatar, ai quali la Nazionale Italiana non partecipa ma che occupano militarmente le reti Rai, costringendo il telespettatore disinteressato ad uno slalom gigante fra orari spostati e trasmissioni dimezzate, in realtà stanno rivelando la loro utilità per altri argomenti. È, infatti, attraverso il calcio che si capisce che le partite si stanno giocando su altri fronti. L’immagine dei calciatori iraniani che alla prima partita non cantano l’inno e, in quella contro gli Usa, sembrano fare il play back con il labiale, ci pare altamente indicativa degli autentici sentimenti di esasperazione di un popolo, espressi nella maniera più civile e, al tempo stesso, più eclatante possibile vista la platea televisiva mondiale. E ancor di più dicono gli abbracci dei giocatori Usa agli avversari al termine dell’incontro, quasi a voler sottolineare che le tensioni fra nazioni passano al di sopra delle persone. Indicativi sono anche i siparietti fra i vari commentatori nel corso delle partite. Ci chiediamo se la loro retribuzione sia commisurata ai decibel delle urla, alla quantità di parole sparate in un nanosecondo o alla enormità dei loro commenti tecnici, perché solo in questo modo riusciremmo a spiegarci il motivo di tanta logorrea.
Fra l’altro, se giocasse l’Italia, capiremmo che l’amor di patria supera l’aplomb del telecronista, ma qui si parla di squadre come Argentina, Ecuador, Tunisia. Un altro prezioso insegnamento che ci è venuto da questi mondiali è che non si può replicare il successo – a questo punto casuale – di una trasmissione. Ci riferiamo a Il Circolo dei Mondiali, che voleva diventare il “porta a porta” della situazione, approfittando del consenso ottenuto durante le Olimpiadi. La pur brava Alessandra De Stefano, direttrice di Raisport che, alla prima puntata, aveva coraggiosamente sbattuto in faccia al pubblico sonnolento le gravi contraddizioni di questo Mondiale, purtroppo, non è riuscita a imporre alla sua creatura ritmo e vivacità e gli stessi personaggi fissi che erano diventate delle icone durante le Olimpiadi devono stare ora cauti nel non trasformarsi in macchiette.
Quello che, tuttavia, dovrebbe essere chiaro è se gli ascolti delle partite superino le percentuali ottenute dalle trasmissioni delle quali hanno preso il posto. Comprendiamo che l’acquisto dei diritti dei Mondiali è stato fatto “al buio” cioè prima dell’esclusione della nazionale italiana, ma laddove gli ascolti fossero deludenti è evidente che la puntuale programmazione delle partite alla quale stiamo assistendo sa di imposizione e non di condivisione.

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