La storia, eccola, è dentro ogni ospedale di questa nostra terra. La storia è il racconto di una sanità disastrata da un inutile commissariamento capace di declinare ossessivamente il verbo economico da tredici lunghi anni. Provvedimenti che non solo non hanno risolto l’indebitamento ma lo hanno, addirittura, quasi raddoppiato. La rotta segna, inevitabilmente, il destino dell’umanità calabrese, gente sfinita e costretta a darsi appuntamento in un tempo senza coordinate con numeri che rischiarano lo scandalo descritto da un’assistenza negata. Non sono gli uomini a parlare, è la disperazione che si vive quotidianamente davanti all’impossibilità di ricevere convincenti ed immediate risposte sul proprio stato di salute. La storia, eccola, in una Calabria scivolata ai margini dell’Europa con ospedali perennemente sotto pressione, svuotati dal mancato turnover in corsia e tagli al personale che hanno reso impossibile garantire percorsi di cura efficaci perché con i medici sono stati tagliati anche i posti letto. Ed è così che questa terra è perennemente ultima con indici depressionari anche nei lea e con un primato negativo delle liste d’attesa che si consolida con l’aumentare della sfiducia. Il governatore Roberto Occhiuto da oltre un anno porta la pena di una eredità scomoda, gestioni passate che hanno alzato le pareti della montagna da scalare. Lui ci sta provando in tutti i modi, ha persino ingaggiato medici cubani per provare a riempire le corsie di camici bianchi. Ha spinto per il corso di Medicina all’Unical in modo d’avere “camici bianchi” preparati a chilometro zero. E ha nominato manager all’Asp e all’Annunziata ai quali ha chiesto risultati. Ma non sarà facile. C’è poi la fuga dei malati di cancro che bisogna arginare. Una mobilità passiva che pesa nei conti in rosso del sistema sanitario regionale.
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