Gli africani avevano il permesso di spacciare solo la marijuana. Era stato abbastanza chiaro quel ragazzo alto, robusto e baldanzoso, che si faceva chiamare Luca. Glielo aveva detto ai «giovani di colore» quando s’era presentato, con alcuni compari, davanti alla moschea nelle vicinanze del Rialzo, in viale Parco Giacomo Mancini. Glielo aveva intimato lasciando presagire che in caso contrario sarebbe finita male. Prima d’andar via aveva anche consigliato ai presenti che sarebbe stato meglio se la roba l’avessero acquistata dal suo gruppo. Di questa circostanza – del cosidetto “imponimento” – venne informato l’organizzatore dei narcos africani Kinsley Obinna Nwigwe, il quale consigliò ai suoi di mantenere un basso profilo, perché «non era il caso di entrare in conflitto con i locali». Così, gli africani, in un primo momento fecero finta di niente e continuarono i loro traffici. Poi un bel giorno uno di loro venne attirato con un tranello all’interno del parco Grazia Deledda. Al pusher extracomunitario venne chiesta la fornitura di alcune dosi di “erba”. All’appuntamento Luca (al momento non identificato) si presentò con sei o sette compari.
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