Ha accolto il suo pubblico stringendo mani, scattando foto e firmando autografi, come un perfetto padrone di casa. Perché per lui il Teatro è la sua casa. Rocco Papaleo è tornato in grande stile con il suo spettacolo acustico “Divertissment”, coinvolgendo e divertendo il pubblico del Teatro Grandinetti di Lamezia Terme, ospite della rassegna culturale “Vacantinadu” promossa da I Vacantusi, con la direzione artistica di Ercole Palmieri e Nico Morelli. Sul palco, insieme al poliedrico Papaleo, anche due talentuosi artisti Arturo Valiante per l’accompagnamento musicale e lo chef-cantante Giampiero Da Dalto. Il palco si è infatti trasformato in una vera e propria cucina dove Da Dalto, nel corso dello spettacolo, si è cimentato nella preparazione di una zuppa poi servita al pubblico che è stato invitato a condividere insieme il pasto a fine spettacolo. Papaleo ha intrattenuto il pubblico, giunto anche dalla sua amata Basilicata, raccontando aneddoti, storielle divertenti, intonando canzoni e alternando riflessioni, in uno scambio diretto con i presenti costellato di suggestioni e spunti.
In molti si sono chiesti cosa avrebbe fatto Rocco Papaleo sul palco: cantato, recitato, chiacchierato…
«Tutti e tre. Parlo, canto, recito. Questo è uno spettacolo di teatro-canzone, attraversa tutte le sue caratteristiche, c’è racconto, la musica, le canzoni e spero anche il divertimento, la poesia. Uno spettacolo ambizioso nei suoi contenuti e nei suoi toni, che si alternano, un po’ divertente e spero anche emozionante».
Lei è molto amato dal pubblico per le sue qualità di attore, regista e soprattutto per la sua simpatia. Pensa che la sua “basilicaneità” abbia influito sul giudizio del pubblico?
«Beh intanto mi piace questo termine “basilicaneità”… ora lo faccio mio. E comunque è stata sicuramente “un’arma” chiamiamolo così, anche se arma non si può dire in questo periodo, che fa rabbrividire, diciamo che è stato un privilegio. Perché la Basilicata è una regione sconosciuta e poi nella galleria delle maschere della commedia italiana, il lucano non c’era. Io ho riempito una casella, anche immeritatamente, perché non c’era un precedente. Ho parlato con questa lingua, questo accento che è un po’ meridionale, un po’ scherzando, oserei dire che sono “diversamente meridionale”. E quindi questa cosa mi ha dato un aiuto grosso, perché se fossi stato napoletano, calabrese, pugliese ero già in una folla... E quindi essere il primo lucano è stato un vantaggio».
Lei è più attore, cantante o regista?
«Mah… io penso di essere un po’ tutte queste cose. Non penso che ci siano dei confini nelle mie varie intenzioni di intrattenitore, le cose marciano un po’ tutte insieme. Mi piacerebbe rispondere che sono un poeta. Non ho detto un grande poeta, un poetucolo da strapazzo, però quella è un po’ la mia ambizione».
Le piace stare di più a teatro, in Tv o al cinema?
«Direi a teatro. È il posto dove mi sento più a mio agio. È il posto che io preferisco. Lo spettacolo... ho bisogno di questo contato, di questa fisicità, di essere lì in quel momento senza trucchi e senza inganni. Ed è la parte che penso che mi sia più congeniale. Poi amo moltissimo anche il cinema, soprattutto i miei film, quelli che faccio come regista, perché sono coinvolto, sennò il cinema è un po’ più noioso, ci sono un troppo attese. E poi non è nelle tue mani, ma nelle mani del regista che decide cosa prendere, montare, invece a teatro siamo noi in scena e il pubblico, non c’è filtro».
Ha iniziato come cabarettista, ma quando ha capito che il mondo dello spettacolo sarebbe stato il suo mondo?
«La verità è che io ero uno scadente studente universitario. Ho fatto un anno a Cosenza e poi mi sono trasferito a Roma. Se fossi rimasto qui probabilmente mi sarei laureato perché era più semplice qui vivendo tutti insieme negli appartamenti. Io facevo ingegneria e ai tempi abitavo con altri cinque che studiavano ingegneria, una cosa te la dice uno, una l’altro quindi è più facile perché non perdi tempo, non fai uno studio dispersivo. Poi invece sono andato a Roma e ho fallito come studente. A un certo punto, suonavo ovviamente da quando ero bambino la chitarra e scrivevo canzoni, ma non pensavo che potesse diventare una mia professione, era più nella sfera dell’hobby».
E allora cosa è successo?
«Una mia amica ha avuto questo guizzo, siccome ero però un po’ un soggetto che in compagnia fa ridere, mi ha scritto lei a una scuola di recitazione. Pero i primi anni ero un po’ inconsapevole, titubante, mi sono detto… tentiamo sta cosa, ma non ero nemmeno troppo convinto. È stata la fortuna che ha dato continuità, all’inizio facevo una cosa dietro l’altro, alla fine mi sono appassionato e poi ho studiato ancora».
Meglio questo che ingegnere?
«Ma non lo so, perché che ne sai magari era una vita più… perché alla fine non si può sapere.. però questa vita che mi è capitata mi è piaciuta».
Sta già pensando a cosa farà dopo la chiusura del tour teatrale?
«Ci sono un paio di film che dovrei fare da ora fino a Natale, anche se per il momento le produzioni sono in stand by. E poi c’è una tournée, perché alterno i miei spettacoli anche con spettacoli di prosa. E sarebbe bello anche ritornare qui a Lamezia….».
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