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Meloni: nessun rimpasto di governo, per le europee il traguardo è il consenso del 2022. Caso Genova? "Aspettiamo le risposte di Toti"

Cautela sul caso Toti, perché bisogna aspettare di sentire cosa ha da dire il governatore. Difesa del suo essere «del popolo» contro chi vorrebbe un mondo diviso tra «pesciaroli e dottori». Per niente spaventata dalla campagna elettorale che è di per sé «divisiva» perché il sistema è proporzionale puro ma il governo, è sicura, non rischia. Giorgia Meloni si presenta con una mezz'ora abbondante di ritardo a Milano sul palco del La Verità, che elogia per il «coraggio» sul Covid, e ripete un copione ben rodato nelle apparizioni delle ultime settimane. Parla del premierato, che non è un referendum «su di me o su Mattarella», della lotta all’immigrazione illegale che va fatta puntando a fermare le partenze, del lavoro dello Stato a Caivano ("deriso da De Luca per coprire le sue mancanze"), della giustizia, che «non funziona» e va cambiata anche con la riforma che arriverà «nei prossimi giorni».

L’intervista con il direttore del quotidiano, Maurizio Belpietro, dura all’incirca un’ora. Nessun accenno alle tensioni che stanno attraversando la maggioranza e il governo sul Superbonus (che pure in genere è uno dei suoi cavalli di battaglia), ma la prima domanda è su Giovanni Toti. Come dice anche ai cronisti prima di salire sul palco, Meloni spiega che il governatore merita «rispetto» anche per aver guidato «molto bene» la Liguria e «per molti anni» e che «il minimo sindacale» è aspettare «la sua versione dei fatti». Il governatore ha fatto sapere di essere pronto a rilasciare dichiarazioni spontanee dopo aver «letto le carte» e solo dopo, conferma la linea emersa in questi giorni la premier, si potrà «valutare». Non si può ancora, insomma, parlare di dimissioni anche se in molti, in Parlamento, scommettono sul fatto che lo stallo potrebbe finire prima dell’eventuale richiesta di riesame della custodia cautelare ai domiciliari.

Nel frattempo c'è da raggiungere il traguardo delle europee, dove Meloni ribadisce che la soglia del successo è «la conferma del consenso del 2022». Niente scossoni in vista per il governo, assicura, e niente rimpasto perché tra i suoi obiettivi c'è quello di chiudere i 5 anni «con il governo che ho nominato. Non è mai accaduto nella storia d’Italia».

E per il commissario l'Italia punta a una delega «di peso», ma se sarà un ministro resta una partita ancora tutta da vedere. Un passaggio sull'attualità arriva anche quando si parla del confronto Tv con Elly Schlein («vedo molti movimenti» per impedirlo) e quando si parla di Rai, e della scelta di alcuni giornalisti della tv pubblica di non scioperare la scorsa settimana. La premier arriva preparatissima al passaggio sulla Rai (con le nomine che potrebbero slittare, nel frattempo, a dopo le europee): per respingere le accuse di aver creato "Telemeloni" sventola un grafico che riporta la media delle presenze in tv dei presidenti del Consiglio estratta dall’Osservatorio di Pavia. «Su TeleMeloni la Meloni è drammaticamente ultima» con i suoi «14 minuti», ironizza, elencando le presenze dei suoi predecessori. Tutti con più copertura da parte del Tg1, da Gentiloni a Draghi, da Conte (nel II a «47 minuti") a «attenzione attenzione Matteo Renzi», presente in media per «37 minuti». C'è del «nervosismo», la sintesi della premier, non tanto perché «c'è TeleMeloni ma perché non c'è più TelePd».

Respinge anche le accuse di guidare un «governo autoritario la premier», sottolineando che insieme agli studenti in piazza si trovano «alcuni professionisti della materia che provocano le forze dell’ordine nella speranza che qualcosa vada storto». E a dimostrare la sua vicinanza alle forze dell’ordine, che in piazza cercano di «mantenere un equilibrio» tra diritto di manifestare e «rispetto delle regole», prima di lasciare Milano Meloni va al Niguarda a trovare Christian Di Martino, il vice ispettore delle Volanti ferito a Milano il 9 maggio scorso.

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